Il bicchiere verde

La prima cosa che mi viene in mente pensando alla cucina è un bicchiere verde. Quello che usava mia madre per dosare lo zucchero e il latte, quando faceva il ciambellone, che è la prima cosa che imparato a cucinare, nella cucina della casetta piccola, dove abbiamo vissuto per poco più di paio d’anni, tra i miei 9 e 12 anni. Il che significa che all’incirca ne avrò avuti 10 quando mia madre mi insegnò a cucinare il ciambellone.

E come unità di misura usava un bicchiere verde.bicchiere verde

Avevamo una bilancia, ovviamente; non di quelle elettroniche che esistono ora, certo; ne avevamo una con un piattino lungo stondato sui fianchi, con i pesetti davanti da far scorrere lungo la linea graduata e che per l’epoca rappresentava già una novità, rispetto alle bilance a due piatti o alla stadera che aveva mia nonna. Era una bilancia “tecnologicamente avanzata”, diremmo oggi. Eppure mia madre come unità di misura continuava ad usare il suo bicchiere verde.bilancia

Di tanto in tanto, prendendo il bicchiere verde dallo stipetto, prima di iniziare a preparare il ciambellone, scherzando dicevo: “Ma se un giorno questo bicchiere si dovesse rompere, come facciamo a fare il ciambellone, mamma?”. “Niente più ciambellone, Monica – mi rispondeva, fingendo di essere seria – Quindi vedi di non romperlo”, continuava ridendo sotto i baffi, mentre prendeva lo zucchero e latte e li posava accanto alle uova e alla farina.

Io invece prendevo il mio quadernone bianco, quello di El Charro a quadretti piccoli, che probabilmente mia madre mi aveva comprato per fare matematica ma che, a un certo punto, si decise sarebbe diventato il mio quaderno delle ricette, ed iniziavo a leggere gli ingredienti.

350 grammi di farina… 3 uova… un etto e mezzo di burro. “Ehi, mamma, è finito il burro!”. “Non fa niente, ci mettiamo l’olio”, diceva mia madre mentre posava al centro del tavolo un aggeggio che all’epoca costituiva una novità: il Bravo Simac, impastatrice automatica, tritatutto e grattugia, tutto in uno. “E quanto olio? Mamma, come lo peso l’olio?”. “Un bicchiere”. Ed io pronta a correggere la mia ricetta: un etto e mezzo di burro oppure un bicchiere di olio, scrivevo con la mia calligrafia da quinta elementare. Che poi, vai a capire perché, quel quaderno lo iniziai alla rovescia, dall’ultima pagina, capovolto. Non era stato un errore, lo iniziai dalla fine di proposito, forse pensando di scrivere i primi e i secondi in un verso e i dolci dall’altro. Immaginavo di riempire quel quaderno di ricette di famiglia, con i suggerimenti di mamma e tutte le varianti, in caso fosse finito un ingrediente, come il caso del burro e dell’olio per il ciambellone.

Oggi ho tre quaderni di ricette, tutti pieni di varianti, di nomi di chi mi ha fornito questa o quella ricetta, suddivisi tra dolci, primi, secondi, salse, liquori e marmellate. Ho libri, giornali e siti di riferimento, quando ho bisogno di andare a cercare una ricetta, che poi inevitabilmente modifico. Ho fatto una scuola di cucina amatoriale al Gambero Rosso, ho scritto per cinque per anni per settimanali di cucina. E forse, è arrivato il momento di mettere in ordine quei quaderni e, visto che la mia seconda passione è scrivere, ho pensato di raccontare assieme a grammature e procedimenti, un aneddoto o un ricordo legato alle ricette. Così navigando nel mio blog trovere anche una sezione Quattro chiacchiere in cucina, dove per chiacchiere non intendo le frappe (quelle le troverete nella sezione dolci), ma il semplice raccontare, così come faccio quando invito un’amica a prendere il caffè e ci mettiamo sedute in cucina, a chiacchierare. Accomodatevi. Quanto zucchero?

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