Come sopravvivere alle ferie d’agosto

di Enrico Dal Buono, Corriere della Sera

Riprendo pari pari questo articolo uscito il 31-7 perchè mi sembra un buon vademecum condito con la giusta dose di cinismo. Per alcuni punti sono molto d’accordo, per altri meno ma questo è il bello della Libertà e dell’individualità e di poter esprimere il proprio parere. E Buone Vacanze a tutti!

 

Per sopravvivere alle ferie d’agosto dobbiamo soltanto fingere che abbiano senso una miriade di idiozie contrarie a ogni logica. In aeroporto, infilare tubetti e boccette in buste di plastica per contribuire alla sicurezza internazionale: non è una cosa squisitamente imbecille, come tingersi i capelli di verde per combattere la fame nel mondo o toccarsi tre volte il naso per contrastare l’entropia cosmica? I bagni: una sofferenza gratuita per la stragrande maggioranza degli esseri umani, che però mentono per non sfigurare. L’acqua è fredda, sottrae calore, non è il nostro elemento. Provate a buttare un gatto o un pappagallo in mare e vedrete com’è felice. Ma, per tutto il ‘900, canzoni, film e cartoline ci hanno mostrato che il paradiso è in mare. Non si possono deludere le cartoline. Quindi andiamolo a cercare questo paradiso, là sotto, tra i pesciolini che ci mangiucchiano la pelle morta dei piedi. A prezzo di mossette ed espressioni degradanti ci abituiamo: c’è chi abbozza qualche bracciata, chi resta in ammollo a contemplare l’orizzonte per dissimulare una pisciatina. Poi ci sdraiamo al sole per asciugarci e cerchiamo di non pensarci. Ci siamo spaccati la schiena tutto l’inverno per subire sbalzi termici e ammazzare la noia con le parole crociate.

Immaginate di essere un alieno che guarda l’Italia dall’alto: tutti nei due o tre giorni più caldi dell’anno, tutti nelle stesse sei o sette arterie autostradali, ci buttiamo in auto, sull’asfalto. Il nostro alieno crederà che sia molto bello, per noi, almeno una volta all’anno, restare in coda con quei pezzi di latta in ambienti torridi, una specie di festa nazionale. Però si avvicina e vede l’odio. Medi tesi, urla, clacson, litigi perfino dentro gli abitacoli: “Siamo partiti tardi”, “te l’avevo detto”, “la parallela, la parallela!”. Solo con lo scaccolamento il vacanziero in fila si rilassa. Con i virtuosismi di indici, pollici e, per i più raffinati, di mignoli, i suoi occhi si spengono pian piano, fino ad assomigliare a quelli dei primati che si spulciano a vicenda, ma noi siamo più evoluti e facciamo da soli. No, signor alieno, aspetti, non se ne vada, c’è un trancio di pizza incluso nel biglietto per la piscina!

Dobbiamo fingere che abbiano senso le cene. Lunghe, costose abbuffate di pesce surgelato,vessati da camerieri sfiniti e vendicativi, a loro volta vessati da turisti sfiniti e vendicativi, in un circolo vizioso del livore. E, abituati come siamo a trascorrere in famiglia poche ore serali, adesso, dopo i primi due giorni di ferie, non sappiamo più che dire: silenzi, tra l’antipasto e gli spaghetti allo scoglio, che segnano il fallimento di una società basata sulla famiglia mononucleare. Speriamo che il bambino rompa un bicchiere, speriamo che pesti il piede al maitre. Eppure, alle vacanze di agosto si sopravvive anche ricordando che cosa sopravvive delle vacanze di agosto. Perché qualcosa, da qualche parte dentro di noi o in qualche interstizio galattico dove finiscono le cose belle, sopravvive sempre.

Sopravvivono le tecniche per rimuovere i semini dalle fette di cocomero, ognuno scava col coltello e punge con la forchetta a modo suo, ognuno è disposto a tollerare un preciso numero massimo di semini prima di avventarsi sul boccone. Sopravvivono quegli istanti di dormiveglia sulla spiaggia, dopo pranzo, all’ombra, se c’è un po’ di brezza: le grida dei bambini si allontanano, la risacca si fa ovattata, l’estate diventa un rumore bianco, lo stesso che ascoltavamo da piccoli durante il pisolo sotto l’ombrellone. Sopravvivono le compagnie stagionali della prima adolescenza, la scoperta di accenti e città inimmaginabili, le biciclettate senza il traffico urbano, i coprifuochi più elastici, il modo rapido e indolore per cui un’estate torni ed è tutto finito. Sopravvive la lotta col caldo, che dà un senso al tempo vuoto: se riesci a restare rifugiato vicino a un condizionatore per qualche ora, nella penombra, hai già fatto giornata, ti senti a posto con la coscienza.

Gli odori di zampironi e citronella, l’odore del tramonto alle nove di sera, di quando sembra che il buio non debba arrivare mai. Addirittura i tormentoni estivi (cioè quelle canzonette che sfruttano il fatto che tu abbia un sacco di tempo libero per farti tormentare) sopravvivono perché sono centri gravitazionali di ricordi, l’estate di Notti magiche per qualcuno vorrà dire il primo bagno in mare e la prima sbucciatura su uno scoglio, per qualcun altro il primo bacio e la prima sbronza di vodka alla pesca. Sopravvive la nostalgia per certi periodi della nostra vita, perché gli inverni si fondono l’uno con l’altro in un continuo torrenziale, mentre le estati rimangono delimitate e giudicabili, quadretti attraverso i quali possiamo misurare l’inesorabile scorrere del tempo.

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Pubblicato da cookinprogress

Il mio nome è Monica e mi piace cucinare, autodidatta curiosa dal forte istinto. Ci si prova senza prendersi troppo sul serio...

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