Primi piatti

Rabaton alle ortiche con burro al limone e salvia.

L’ortica è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Urticacee diffusa in tutto il mondo; può crescere infatti in ogni dove fino a un’altitudine di duemilacinquecento metri ma predilige comunque nascere spontanea fra le macerie, nei campi e negli incolti tanto da essere considerata infestante.
Quasi uno spauracchio da cui stare alla larga per la sua ben nota (a chi non è capitato almeno una volta nella vita) “indole” urticante l’ortica è in realtà una meravigliosa pianta selvatica ricca di interessanti caratteristiche (non riconducibili alle sole bollicine pruriginose che toccano al malcapitato che la inavvertitamente la sfiora senza le dovute precauzioni) tanto da vantare la più spiccata notorietà in fatto di proprietà medicinali e versatilità culinaria.

Alcune specie di ortica erano utilizzate nell’Antico Egitto per la cura dei reumatismi; usi medicinali sono riportati da Plinio il Vecchio, Ippocrate e numerosi antichi greci; i soldati romani la impiegavano per trattare la stanchezza muscolare e i problemi reumatici.

Contiene diverse vitamine, soprattutto A (beta-carotene), C ed E, sali minerali, come sodio, potassio, ferro, fosforo, magnesio e acido folico.
Ha ben note proprietà diuretiche, depurative e antinfiammatorie.
Diminuisce il livello di zucchero e di colesterolo nel sangue ed è utile in caso di diabete, reumatismi, artrite e acne.

In cucina invece le ortiche venivano utilizzate già ai tempi di Greci e Romani in tutta l’Europa e ancora oggi i germogli e le foglie ancora tenere che si raccolgono in primavera, prima della fioritura, sono splendidi ingredienti per la preparazione di tante e svariate ricette.
Io ho dovuto aspettare circa venticinque anni per scoprire, grazie alla deliziosa frittata di quella che sarebbe poi diventata mia suocera, che le ortiche non sono affatto, o almeno non solo, quelle piante dalle foglie “pelosette” che ti fanno grattare nervosamente da cui ti dicono di star bene alla larga quando sei bambina ma che, anzi, la loro raccolta può diventare il pretesto per godersi qualche momento di ritrovato contatto con la natura da celebrare con in gran finale a tavola con una svariata serie di ricette da scoprire e gustare di volta in volta.
Per frittelle e frittate, in risotti, gnocchi o minestre, come ripieno di una saporita torta salata o contorno spadellato con altre erbe spontanee, essiccata per peparare tisane che non si dica che l’ortica “annoia”!

Oggi, nella giornata che il Calendario del Cibo Italiano dedica a quel prezioso tesoro della natura che sono le erbe spontanee, vi regalo ancora una ricetta del mio Piemonte: i rabaton.

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I rabaton sono deliziosi gnocchi a base di ricotta ed erbette spontanee, appena sbollentati nel brodo e gratinati in forno, che uniscono in un piacevolissimo connubio la loro consistenza morbida e delicata a sapori invece penetranti e intensi.
Originari di Litta Parodi, un piccolo borgo dell’alessandrino che ne rivendica i natali, sono diffusissimi anche tra Mandrogne, Spinetta Marengo, Cascinagrossa e gli altri comuni della “Fraschetta”, piccolo territorio della Bassa Pianura Padana racchiuso tra Alessandria e Tortona.

Rabaton

Ma quello che rende i rabaton ancora più buoni è il loro “raccontare” una storia, nata all’epoca della transumanza, quando i pastori piemontesi, che per tutto il periodo invernale erano rimasti a valle per far pascolare il bestiame, facevano ritorno in montagna e, prima di iniziare il lungo viaggio di ritorno verso casa, sostavano brevemente nei borghi della Fraschetta per fare scorta di cibo.
In cambio di pane e altri alimenti barattavano la ricotta, che avevano sempre con sé, e le erbe selvatiche raccolte nei campi, come l’ortica e il tarassaco.
Le donne di casa del posto mescolavano questi ingredienti con qualche uovo raccolto nell’aia, del pane raffermo ammollato o del semplice pangrattato, una generosa manciata di grana o di Montebore, un antico cacio di latte di vacca e capra prodotto nella zona dell’alessandrino, qualche ciuffo di prezzemolo tritato e con l’impasto formavano delle polpettine dalla forma leggermente ovale e allungata che rotolavano (“rabatar” in dialetto piemontese) leggermente nella farina che venivano poi cotte nel brodo e ripassate in forno con burro e altro formaggio grattugiato così da formare una crostina esterna a dir poco irresistibile.

Non vi è venuta voglia di prepararli?
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Tagliatelle agli asparagi con baccalà, pomodorini arrosto alla vaniglia e limone candito.

L’Asparagus officinalis è una pianta erbacea perenne di origione mediterranea di cui si hanno già notizie in tempi lontanissimi (epoca egizia) e i cui metodi di coltivazione e preparazione sono descritti dettagliatamente nelle antiche opere di Catone, Apicio e Plinio.

“De Re Conquinaria”, Apicio:

“ASPARAGI – Seccherai gli asparagi e li metterai nell’acqua calda quando li vorrai usare.
ALTRO PIATTO DI ASPARAGI FREDDI -prendi asparagi ben puliti, tritali nel mortaio, versavi l’acqua, strizzali e passali allo staccio. Metti nel tegame dei beccafichi (Sylvia Ficedula di cui i Romani erano ghiotti) ben puliti. Trita nel mortaio 12 chicchi di pepe, aggiungi la Salsa e lavora; dopo aggiungerai una tazza di vino e una di passito. Metti il tutto in un tegame con 90 grammi d’olio. Bolli. Ungi una teglia e in questa mettici sei uova con salsa acida di vino; insieme al sugo degli asparagi, cuoci tutto sulla cenere calda insieme al trito detto prima. Allora aggiungi i beccafichi. Cuoci cospargendo di pepe e servi.
ALTRO PIATTO DI ASPARAGI – metti nel mortaio quei resti degli asparagi che si buttan via. Tritali bagnali di vino che farai colare. Trita del pepe, del ligustico, del coriandro verde, della santoreggia, una cipolla, del vino della salsa e dell’olio. Versa il sugo nella padella ben unta; e, se vuoi, rompici delle uova rimestando tutto al fuoco, perché si amalgami il tutto. Cospargi di pepe in polvere e servi.”

Con il termine “asparago” si indica anche la parte commestibile della pianta, costituita dai germogli di forma allungata e carnosa che amano tingersi di vari colori (dalle varie tonalità di verde, al violetto fino al bianco) e regalano al palato un sapore che ricorda vagamente quello del carciofo.
Sui banchi dei marcati di paese sono protagonisti da fine marzo fino a tutto giugno, periodo in cui i germogli sono ancora piacevolmente teneri e non hanno ancora quelle consistenza legnosa che li rende poco gradevoli e poco saporiti.
Incredibile pensare che ne esistano più di duecento varietà che differiscono tra loro soprattutto per colore, sapore e motodo di coltivazione: l’Asparago bianco (Bianco di Bassano del Grappa, Nobile Bianco di Verona) ha un sapore molto delicato e deve il suo colore alla coltivazione in assenza di luce che blocca il processo di fotosintesi, l’Asparago violetto, caratterizzato da un sapore un po’ più rustico e amarognolo, è in realtà un asparago bianco che una volta fuoriuscito dal terreno acquisisce una colorazione lilla per effetto della luce, l‘Asparago verde dal sapore decisamente marcato deve invece la sua colorazione al completo processo di fotosintesi.
Se avete invece la fortuna di potervi concedere qualche bucolico momento non perdete occasione, nella stagione buone, di dedicarvi alla raccolta degli Asparagi selvatici (Asparagi di campo o Asparagina che di dir si voglia) che cresciusti spontanei e sottili vi regaleranno grandi soddisfazioni in cucina grazie al loro sapore intenso.

Saporito, povero di calorie ma ad alto contenuto di sali minerali e vitamine, e versatile poteva forse l’asparago non essere celebrato con una giornata a lui interamente dedicata nel Calendario del Cibo Italiano? La risposta vien da sé…

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Ho deciso con piacere di occuparmi, fra i tre possibili metodi di preparazione di base dell’asparago (al vapore, lessato nell’apposita asparagiera oppure saltato in padella), dellla cottura in padella che fin da subito ho pensato si sposasse alla perfezione con l’idea di ricetta che avevo in mente e così ho portato in tavola un primo piatto gustoso e ricco di sfumature di sapore che è stato un gran successo.

Tagliatelle agli asparagi in padella

Tagliatelle agli asparagi dettaglio

Allora, accendete i fornelli insieme a me?
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Gnocchi di ceci e lenticchie con crema di pomodori secchi, zucchine alla menta, olive taggiasche e toma.

Tastè, pronunciato con le vocali ben aperte da piemontese doc, vuol dire assaggiare.
Assaggiare i prodotti di Tastè gusto italiano è quello che ho fatto in questi giorni.
Tasté è un nuovo modo di fare la spesa on line a Torino che vi permetterà di poter assaporare tutto il gusto della campagna piemontese con poche e semplici mosse.

Tastè logo
Così nella mia cucina mi sono trovata uno scatolone, consegnato con grande puntualità come da accordi telefonici con un personale davvero gentilissimo e garbato, carico di bontà.
Ceci e lenticchie bio, farina integrale di farro, crema di pomodori secchi e zucchine sott’olio con un’etichetta ingredienti di tutto rispetto, olive taggiasche in salamoia, uno spicchio di toma di fontanacervo conservato sottovuoto e olio extra vegine di olive taggiasche.
Presi singolarmente i prodotti sono meravigliosi: i legumi una volta cotti risultano corposi e saporiti, la farina integale di farro ha un colore invitante e al tatto presenta una piacevolissima grana, la crema di pomodori secchi è densa e ricca di sapore, le zucchine sott’olio come non spesso capita sono tagliate a rondelle sottili e cosa ancora più rara si presenatno alla vista con un bel colore verde acceso mentre all’assaggio regalano una bella freschezza nel gusto, le olive taggiasche in salamoia risultano sode e consistenti, la toma di Fontanacervo a caglio vegetale (adatta quindi anche a chi segue un regime alimentare vegetariano) ha una consistenza gessosa e un gusto deciso, l’olio extra vergine di olive taggiasche ha il sapore delicato dell’olio ligure ideale per essere assaporato a crudo.
Inutile dire che con una spesa di questo livello è stato semplicissimo lasciarsi trasportare dalla fantasia e in un batter d’occhio ho subito deciso di preparare un primo piatto dai sapori intensi e marcati, perfettamente amalgamati tra loro al momento dell’assaggio.
I ceci e le lenticchie prendendo il posto delle più classiche patate sono diventati la base per degli gnocchi davvero gustosi e dalla consistenza che non ti aspetti ma che risulta essere piacevolissima al palato; la crema di pomodori secchi, le zucchine sott’olio e le olive taggiasche regalo quello “zing” di sapore che darà la giusta verve alla ricetta, la toma di Fontanacervo grazie al calore degli gnocchi dona quella scioglievolezza irresistibile che ti fa pensare di chidere il bis ancora prima di vedere il fondo del piatto e l’olio extra vergine di olive taggiasche chiude il cerchio con con il suo sapore delicato e fruttato.

Gnocchi di ceci tastè

Li prepariamo insieme?
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Zuppa di merluzzo e salmone affumicato allo zenzero.

La ricetta originale di questa zuppa di merluzzo è tutta made in Ikea.
Già perchè ultimamente, dal colosso scandinavo dell’arredamento per la casa, oltre alla possibilità di uscire carico dei tuoi scatoloni pieni di viti, brugole e pannelli da incastare tipo Lego senza arrabbiarti troppo puoi tornare a casa con un libro di cucina svedese da sfogliare, cosa a mio avviso molto più rilassante.
Pagina dopo pagina sono salmone, merluzzo, aringhe, patate, panna acida ad abbondare fra gli ingredienti e non potrebbe essere diversamente per la cucina tipica del freddo Nord Europa.
La ricetta che d’impatto mi ha colpita di più è stata proprio la “zuppa di pesce cremosa con salmone” perchè fin da subito mi è sembrata un ottimo piatto unico con cui riscaldarsi in queste fredde sere d’inverno.
Non ho seguito la ricetta alla lettera sarò onesta.
Ho pensato di alleggerirla un po’ eliminando il burro e la panna perchè secondo me la patate frullate la rendono già sufficientemente cremosa e ho deciso di “profumarla” con un po’ di zenzero fresco che trovo si abbini alla perfezione al resto degli ingredienti.
Il risultato è una deliziosa zuppa di merluzzo in cui sapori e consistenze si combinano piacevolemte tra loro appagando il palato con gusto.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE: 
400 gr. di filetti di merluzzo
120 gr. di salmone affumicato
400 gr. finocchi (al netto degli scarti)
300 gr. di patate (al netto degli scarti)
8 cipollotti
1 lt. circa di brodo vegetale leggermente salato
4 fettine di zenzero fresco
farina q.b.
olio extra vergine di oliva q.b.
sale integrale q.b.
sale nero q.b.

Zuppa di merluzzo

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Passatelli in brodo.

C’è voluta un’influenza a inzio anno per farmi finalmente decidere a preparare i celeberrimi passatelli in brodo; non ricordo nemmeno più da quanto tempo mi ripetessi che era davvero ora di assaggiarli ma le parole tali restavano.
Stufa di mangiare la solita minestrina in brodo la sera, che per quanto possa far piacere quando si è malaticci dopo un paio di volte annoia il palato che almeno un po’ bisogna comunque cercare di gratificare, in un momento di lieve ripresa sono finalmente riuscita a prepararli e all’ora di cena, dopo tanto parlare, me li sono gustati con grande piacere cucchiaiata dopo cucchiaiata.
I passatelli sono un piatto tipico della tradizione culinaria romagnola a base di pangrattato, uova e Parmigiano Reggiano.
Dall’impasto rugoso e consistente questi saporiti “filoncini” vengono cotti e serviti in brodo, rigorosamente preparato in casa.
Già citati nel ricettario del Pellegrino Artusi, i passatelli sembrano discendere dalla “tardura”, meglio conosciuta come straccialtella, famosa minestra a base di uova, formaggio e pangrattato.
Un tempo erano preparati con il “ferro per passatelli” ma se come me non avete la fortuna di possederlo, anche perchè di difficilissima reperibiltà, non rinunciate a questa delizia e ripiagate su un più banale schiacciapatate a fori larghi che pur privandola della sua tradizionale irregolarità non andrà a intaccarne il sapore unico di cui potrete godere a pieno.

INGREDIENTI PER 6 PERSONE:
160 GR. di Parmigiano Reggiano
180 gr. di pangrattato
4 uova medie
1 limone non trattato
1,5 lt. di brodo fatto in casa
sale q.b.
noce moscata q.b.
2 rametti di maggiorana fresca

Passatelli in brodo

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