Tempo di carrube

Gli alberi maestosi di carrubo caratterizzano il paesaggio ibleo, nel secolo scorso rappresentavano una risorsa economica per le famiglie contadine di questo territorio; un tempo i semi del suo frutto, i carati, rappresentavano l’unità di misura per gli orafi.  L’albero del carrubo, introdotto in Sicilia dai Greci anche se furono gli Arabi che ne intensificarono la coltivazione, ha una crescita lenta ma è molto longevo in quanto riesce a vivere anche cinquecento anni.
Verso la fine di agosto i suoi frutti raggiungono la maturazione: ancora oggi la raccolta delle carrube fa parte delle abitudini di molte famiglie, non tanto per il risvolto economico, quanto per mantenere viva la tradizione. Non è raro vedere famiglie intere sotto le chiome di questi splendidi alberi che si dividono i compiti: chi percuote con lunghe canne per farle cadere a terra, “cutulari”, chi raccoglie in grozze ceste, chi riempie grandi sacchi di juta, chi carica i sacchi per portarli dai grossisti. Le carrube vengono utilizzate in campo alimentare per la produzione di dolci come caramelle, biscotti, liquori, sciroppi, farina e addensanti per gelati. I dolci tradizionali della provincia di Ragusa sono i “mustazzola” e la “mostarda” realizzati con lo sciroppo di carrube. Una prelibata curiosità di questo albero è che in alcuni casi produce un fungo molto raro e particolare chiamato “funcia ri carrua” originato da una malattia che intacca la cavità interna del tronco.

 
Fungo del carrubo
(la foto è reperita su virgilioragusa.myblog.it)
Proprio oggi raccolgo le carrube del mio albero che ormai sono cadute a terra: non andrò certo a venderle ma le utilizzerò per preparare lo sciroppo di cui parlavo prima che in dialetto chiamiamo  ” u vinu cuottu ri carrui”.

Scelgo delle belle carrube carnose.

Le apro con un coltello, si potrebbero benissimo schiacciare con una pietra o con un martello in modo da poter togliere i semini.
Casa ne farò dei semini? La mia filosofia dice:- Un’idea mi verrà!
Faccio tostare per un quarto d’ora le carrube in forno caldo: ciò ne esalta il profumo. Le  metto quindi in un recipiente e le ricopro con dell’acqua fredda. Le lascio riposare per 24 ore.
Filtro il tutto e metto il liquido ricavato in una pentola.  Porto ad ebollizione. L’antica tradizione dice di aggiungere a questo punto una manciata di cenere di legna e lasciare riposare per altre 24 ore per “annucillu” cioè renderlo dolce, Filtro di nuovo e metto la pentola sul fuoco moderato fino a quando il volume del liquido si sarà ridotto di un terzo. Durante l’ebollizione aggiungo buccia d’arancia o di limone.
Imbottiglio lo sciroppo ottenuto.  Il decotto di carruba ha il merito di conservarsi bene, inalterato, per molti anni. In Sicilia questa ricetta fu  utilizzata durante la II Guerra Mondiale, per sopperire alla mancanza di zucchero.

2 Risposte a “Tempo di carrube”

  1. Mumble mumble…davvero molto interessante! Ricordo che da bambina andavo matta per le carrube…quando le trovavo le masticavo e le assaporavo come poche altre cose in vita mia! Ora ho praticamente dimenticato il loro sapore…dovrò rifarmi, e questa ricetta è molto interessante! Ops, scusa…l’ho già detto!

  2. Esiste una vasta gamma di prodotti derivati dalla carruba che produce una azienda di Modica ( farina, sciroppo, ecc) con cui preparare tante ottime ricette. Grazie per essere venuta a trovarmi.

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