"Scacce" di cipolla e pomodoro

Dopo una capatina a Milano, non vedevo l’ora di tornare a casa e, per dimenticare al più presto possibile quell’aria tetra, niente di meglio che sentire il profumo delle scacce: scusate cari amici lombardi, ma tra Milano e Sampieri non c’è proprio paragone).
Per il ripieno: cipolle bianche, passata di pomodoro, caciocavallo grattugiato, pepe nero, basilico, olio extra vergine d’oliva.

Affettate finemente le cipolle, meglio se sono quelle di Giarratana perchè molto dolci.

Fatele  soffriggere  con olio d’oliva in una padella; io le faccio appassire in padella con il coperchio senza olio, sia  per una scelta light sia perchè preferisco il sapore dell’olio a crudo.

Salatele e quando saranno morbide, mettetele in un colapasta in modo che possano perdere l’acqua di vegetazione in eccesso.

Intanto in un’altra padella fate addensare la passata di pomodoro ( quella che usiamo noi è sempre fatta in casa e nello specifico è polpa di datterino) con sale, olio, basilico.

In una ciotola unite la cipolla, il pomodoro, una abbondante manciata di caciocavallo ragusano, un pizzico di pepe nero e olio extravergine con molta generosità.

Intanto che il ripieno si insaporisce, preparate la sfoglia.

Semola di grano duro, olio d’oliva, una noce di strutto, sale, acqua quanto basta per ottenere un impasto elastico, ma non troppo morbido. Potete mettere, se volete, anche un pizzico di lievito di birra: anticamente infatti le scacce venivano fatte con la pasta di pane resa più friabile dall’aggiunta di olio.

Stendete delle striscie di sfoglia sottilissima: le donne modicane sono imbattibili in questo e io, pur essendo sciclitana, seguo la loro tradizione; ricoprite quindi la sfoglia con il ripieno.

Ripiegate ogni striscia su sè stessa più volte e infine chiudete le estremità con un bordino che noi chiamiamo “u miliddu”.

Sistemate le scacce su una placca rivestita di carta forno e ungete la loro superficie con olio d’oliva; anticamente venivano usati  “i lanni”, teglie di latta artigianali.

Infornate per  mezz’ora almeno,  a 200°. 
Gustatele calde, tiepide, fredde: sono sempre buonissime!