Gli aspetti psicologici in una dieta – I parte

La dott.ssa Marcella Agnone , psicologa psicoterapeuta ha pubblicato sul sito Mamma Papera una serie di articoli molto interessanti sugli aspetti psicologici che sottendono una cura dimagrante. Li riporto integralmente perchè ricchi di spunti di riflessione

Ben-Essere a tavola

Bentrovati.
Inizia oggi il nostro percorso attraverso alcuni temi che riguardano il Ben-Essere, ovvero la cura di noi stessi ed in particolare del nostro Peso Forma.

Vorrei ringraziare Alessandra (del blog mamma papera) per questa opportunità: sappiamo bene che la bella stagione è un momento in cui in tanti cercano di ritrovare la propria forma fisica, tuttavia l’industria del dimagrimento conta oggi introiti favolosi facendo promesse che talvolta sono destinate a fallire.

I motivi possono essere molteplici. Uno di questi riguarda il fatto che la gente investe molte aspettative su un “metodo”, ma raramente arriva a lavorare anche sulle motivazioni più profonde che inducono a cercare un cambiamento, che in realtà non è solo estetico ma anche interiore.

Dimagrire ha a che fare con la propria percezione corporea, con il modo in cui ci vediamo e ci sentiamo in mezzo agli altri.

In questa rubrica non mi occuperò di argomenti che riguardano il dimagrimento in senso strettamente fisiologico. Proveremo tuttavia a discutere di quegli aspetti che riguardano il mio ambito professionale, ovvero gli aspetti psicologici che sottendono una cura dimagrante, con un particolare riferimento a quei casi in cui i chili da perdere sono tanti, e non solo i due o tre chili di rotondità superflue.

Non troverete quindi un programma di dimagrimento, né di esercizio fisico, ma piuttosto delle conversazioni sui comportamenti-chiave o sugli schemi di pensiero che si accompagnano ad una cura dimagrante.

Partiamo dunque dal presupposto che qualsiasi dieta produce risultati simili, indipendentemente dal metodo scelto.
Una dieta non è un percorso generalizzabile che può andar bene per tutti.
La dieta è inequivocabilmente un percorso cucito su misura, che è necessario scegliere in base al proprio temperamento, al proprio stile di vita, all‘età in cui si sta vivendo.

Se decidete di affrontare una dieta, non dimenticate di rivolgervi ad un medico che possa visitarvi e consigliarvi in base agli esami clinici che potete effettuare, dal momento che la dieta è anche e soprattutto una questione di salute.

Pensiamo che il buon senso, la ragionevolezza e la conoscenza che avete di voi stessi possano essere i punti cardine di un percorso a lungo termine, ma non dimenticate di consultare un professionista del settore che vi rassicuri sulla bontà delle scelte effettuate.

Da qui in poi, proveremo a discutere di quali barriere si possono frapporre tra voi ed il successo, allo scopo di riflettere ed individuare eventuali strategie per abbatterle.

Gli obiettivi di una dieta: “perché non ci riesco”?

Quando parliamo di dieta, siamo tutti abili oratori. Ma quando dobbiamo applicare i buoni consigli a noi stessiqualcosa non sempre va per il verso giusto. Come mai?

Non esiste nessuno di noi che non sappia perfettamente esplicitare quali siano i principi di un’alimentazione sana e che porti alla perdita di peso. Sono certa che, se intervistato in questo preciso momento, chiunque saprebbe fornire tutti i preziosi consigli necessari al dimagrimento, senza sbagliarne nessuno. “Mangia sano, varia gli alimenti, fai una vita attiva”.

Molto semplice: vivere i buoni propositi sulla nostra pelle ci mette davanti a vissuti che non mettiamo in conto se siamo degli “osservatori esterni”.
Chi è a dieta deve coniugare le regole di una sana alimentazione con i morsi della fame, la voglia di comfort, le trasgressioni, le frustrazioni, la vita quotidiana, le responsabilità, le aspettative degli altri, e così via.

Il primo fatto con cui ci scontriamo è che la dieta non è un percorso soltanto teorico né  pragmatico: la dieta è un fatto calato nella nostra vita di tutti i giorni, e che quindi ha a che fare con i suoi problemi, i suoi stress, le sue preoccupazioni.

Questo ci riporta direttamente al fatto che cominciare una dieta (che non sia perdere quei due o tre chili che si aggiustano con un po’ di esercizio fisico e qualche rinuncia alimentare) presuppone la disposizione a cambiare le proprie abitudini quotidiane, interne ed esterne.

Lo so, non ho scoperto che l’acqua calda.
Eppure sembra che non sempre chi si cimenta in un percorso di dimagrimento a lungo termine dedichi a questo aspetto il giusto peso.

Il motivo per cui una dieta dev’essere ritagliata su misura è proprio quello che deve integrarsi perfettamente con le nostre abitudini e con il nostro stile di vita, altrimenti sarà presto destinata a fallire come a tante persone è successo (ma questo, come vedremo, è solo uno degli aspetti del fallimento).

A cosa attribuite il fatto che in passato non siete riusciti a portare a termine una dieta?
Fate un elenco di almeno tre punti. Teneteli come promemoria per vedere cosa vi suggeriscono, a cosa vi fanno pensare, per prendere consapevolezza su qualcosa che vi riguarda.

Chiedetevi se questa dieta (qualunque essa sia) è riuscita ad integrarsi con le vostre abitudini giornaliere, e quali elementi avete frapposto tra voi ed il raggiungimento del successo.

Anche se questa riflessione è già un ottimo punto di partenza, i motivi per cui non riusciamo a portare avanti una dieta possono essere svariati, tanti quante sono le persone al mondo che desiderano dimagrire senza riuscirci.

E’ possibile che voi siate persone che non vogliono cercare le motivazioni del loro comportamento, forse lo siete stati fino ad ora, o forse, più probabilmente, non vi siete mai posti sufficientemente in ascolto di voi stessi, in un percorso di ampliamento della vostra consapevolezza.

La Consapevolezza è un processo: come tale è qualcosa che si muove, che non è fermo, e che riguarda non solo una comprensione cognitiva ma anche sensoriale, percettiva, e che include il significato che noi diamo all’esperienza.

La consapevolezza è ricerca, possibilità, dunque scelta.

Quello che rende la Consapevolezza più ampia della semplice Introspezione è che quest’ultima è un’azione deliberata, uno sforzo di riflessione che facciamo, mentre la prima comprende anche l’entrare in contatto con ciò che liberamente emerge alla nostra percezione. Diventare consapevoli è lasciarsi andare, aprirsi.

Una dieta fatta secondo questo percorso lascia emergere sensazioni ed emozioni, talvolta anche molto arcaiche e radicate dentro di noi, che meritano di trovare il giusto posto nella nostra comprensione.

La consapevolezza, dunque, non è una cosa teorica, razionale (“ci penso e capisco”), ma è sempre una consapevolezza corporea: riguarda proprio quel corpo di cui dobbiamo e vogliamo pre-occuparci, e di cui vogliamo e dobbiamo prenderci cura. Ecco perché solo un programma alimentare non basta. Non sempre.

La consapevolezza si percepisce nel corpo.
Quando facciamo i conti con una difficoltà, quando non riusciamo a dimagrire, a cominciare una dieta, a portarla a termine o a mantenere il peso raggiunto, dobbiamo sempre pensare che questa è una difficoltà che riguarda contemporaneamente il metodo e noi stessi, includendo quindi le ragioni che adduciamo per deviare dal progetto personale.

Il primo dei vostri obiettivi, se desiderate sbarazzarvi di un corpo che non è il vostro, è di non fallire. E per questo dovrete impegnarvi a conoscervi un po’ meglio, a comprendere le ragioni dei vostri fallimenti passati, e a farli diventare risorse preziose per il vostro futuro.

Dieta: sono disponibile al cambiamento?

Il primo presupposto di un cambiamento autentico è la disponibilità al cambiamento.
Non è un gioco di parole, ma un impegno con noi stessi.
Noi siamo sempre disponibili a modificare alcuni comportamenti della nostra vita, ma esistono vari “livelli di disponibilità”, e non tutti arrivano a tradursi in un comportamento concreto.

Raggiungere un obiettivo significa mettersi in cammino.
Molti di noi vorrebbero cambiare molte cose nella propria vita, e spesso questo si riduce ad una semplice lista di desideri: non solo un nuovo peso, ma nuove abitudini, un nuovo lavoro, una nuova casa, persino nuove relazioni.

Spesso c’è ambivalenza tra il volere e il non volere, e per quanto molti cambiamenti sembrino portarci verso una vita migliore, più sana, più desiderabile, il nostro organismo tende alla “conservazione” delle cose così come stanno.

Ad esempio, una domanda molto banale potrebbe essere: per chi voglio dimagrire?
Molte persone lo fanno per gli altri, per il coniuge, per i familiari, o perché ci è stato insegnato che è meglio così.

Alcune persone desidererebbero tanto cambiare ma non hanno una reale fiducia nelle possibilità di riuscire.
Credete che sia possibile riuscire a raggiungere l’obiettivo? Ci credete tanto da riuscire a vedervi, una volta che lo avrete realizzato? Riuscite a sentire come potrebbe essere avere un corpo nuovo, e tenervelo per sempre?

Partite dal presupposto che, dal momento che niente succede per caso, avete mille ragioni per restare come siete e non affrontare quella montagna che è il cambiamento. Se siete arrivati al punto in cui siete, di certo è perché questa era la cosa migliore che siete riusciti a fare.

Il modo che abbiamo di mangiare, i chili in più che “ci impegniamo” a mettere su, ci sono serviti a qualcosa di buono: ognuno avrà motivi diversi, diverse storie che lo hanno portato a servirsi del sovrappeso come protezione da qualcosa di spiacevole.

Ma questo non può essere un eterno presente: arriva il momento in cui alcuni comportamenti, alcune abitudini, diventano disfunzionali e non ci sono più utili, ma noi le possediamo da così tanto tempo da non sapere come fare per liberarcene. Ci siamo dimenticati delle strade alternative, e quella che conosciamo bene è sgradevole ma confortante.

Perdere tanti chili significa anche affrontare quel momento in cui non avete ancora raggiunto l’obiettivo ma soffrirete per il sovvertimento delle vecchie care certezze.

Come accennavamo nel precedente articolo, la consapevolezza dei motivi che ci hanno spinto a metter su tanti chili è un passo importante. Nella saggezza greca si diceva “Conosci te stesso“: un’esortazione che invita a diventare consapevoli tanto delle proprie risorse, quanto dei propri limiti.

Quando le persone chiedono un consiglio su come fare per dimagrire, per iniziare un percorso dimagrante, per migliorare la loro qualità di vita o le condizioni di salute, vogliono un quadro chiaro e preciso di se stessi, una prescrizione personalizzata, delle linee guida da seguire.

Ma quando chiediamo loro qualcosa di più riguardo le attività che svolgono, come si sentono quando le svolgono, riguardo alla loro alimentazione e ai vissuti che sottendono l’atto del nutrirsi, queste persone spesso ne hanno un’idea piuttosto vaga.

Avere delle informazioni di base sul proprio rapporto col cibo, col corpo e col movimento non è difficile, basta un po’ di disponibilità alla riflessione e all’auto-ascolto. Conoscere il proprio “profilo”, da questo punto di vista, è una responsabilità personale.

Il problema è che assumersi questa responsabilità non è una cosa che tutti coloro che devono mettersi a dieta sono disposti a fare, e tanto più spesso preferiscono che sia qualcun altro a dare loro delle informazioni su chi sono e cosa devono fare.

Il che è anche buono, per iniziare: trovare qualcuno che ci faccia “da specchio”, cui raccontare per raccontar-ci, è di grande aiuto. Ma non è possibile motivare qualcuno che non sia disposto ad essere motivato.

Scusandomi per il gioco di parole, mi spiego meglio: le persone che chiedono di essere accompagnate senza fare prima una valutazione onesta di “dove sono”, di cosa sentono, e cosa hanno bisogno di cambiare, sono destinate a perdersi per strada.

Questi sono i punti che lungo il cammino agiscono per orientarci, come dei riferimenti su una mappa durante un viaggio.

Nessuno può spingerci a cambiare “dall’esterno”, senza che noi non ne siamo convinti in prima persona: può essere un cambiamento che può durare per un certo periodo di tempo, variabile da persona a persona, ma finiremo inevitabilmente a tornare al punto di partenza se non agiamo sulla nostra motivazione più profonda e personale.

Trovate il vostro motivo, la vostra ragione per andare avanti.
Tenetevela stretta, perché tante saranno le insidie, dopo lo slancio entusiastico dell’inizio. In quei momenti, non perdete mai di vista chi siete e cosa volete.

Dimagrire: un progetto di cambiamento a stadi

Parleremo oggi del cambiamento come di un percorso a stadi. E’ un modo per esemplificare un “cammino” fatto di emozioni e pensieri, e renderlo un po’ più visibile alla nostra consapevolezza.

Il cambiamento avviene attraverso fasi di cui potremmo anche non essere coscienti, e che probabilmente sono più facili da osservare una volta che si è arrivati ad un certo punto del percorso, ma che esistono da prima.

Queste fasi non vanno intese come un percorso unidirezionale, ma ciascuno di noi può andare avanti e indietro attraverso questi step a seconda delle sue vicende personali e di vita.

Per tutto ciò che riguarda le decisioni importanti della vita, ci si muove attraverso un progetto personale che ci “mette in contatto” con il cambiamento. E’ una sorta di avvicinamento progressivo e graduale (anche quando a noi pare di averlo fatto all’improvviso, da un giorno all’altro) che ha piccoli segni nascosti nella nostra quotidianità.

Per molti autori ci sono delle fasi nel ciclo di contatto con il cambiamento.

Queste accompagnano quello che percepiamo, il ciclo della nostra esperienza. Per meglio comprenderne il senso, si possono metaforizzare con le seguenti interessanti definizioni (Quattrini, Mazzei):

1) “cosa sento”: che definisce il mio vissuto nell’entrare in contatto con l’esperienza [in questo caso “mettermi a dieta”]

2) “cosa voglio”: che rappresenta desideri e scopi di questo vissuto

3) “cosa faccio”: che costituisce scelte e azioni per soddisfare questo bisogno

4) “cosa sento dopo averlo fatto”: è l’esperienza di eventuale appagamento/soddisfazione che segue l’azione.


Le fasi che ci portano al cambiamento 
(di cui parleremo meglio nel prossimo articolo) non trascorrono uguali per tutti, e se per qualcuno possono essere molto rapide, qualcun altro si soffermerà maggiormente in una che per lui è significativa, altri ancora non riusciranno a superarne qualcuna e “torneranno indietro”.

Il motivo è  che il cambiamento (soprattutto quello importante) è sempre ambivalente, e ciascuno di noi si ferma proprio nella fase che rappresenta il suo ostacolo ad andare avanti.

Vi chiederete: perché dovrei desiderare di restare come sono, se così come sono non mi piace?

motivi sono molteplici.
Oggi prendiamo in considerazione quello del grado di fiducia nelle vostre possibilità di farcela: se non siete davvero convinti di poter conquistare la vostra meta, tutti gli sforzi fatti per raggiungerla saranno vani.

Ritengo che uno dei punti-chiave di un progetto di cambiamento debba partire da un bilancio tra vantaggi e svantaggi del vostro piano.

Un elenco a due colonne sarà molto utile a concretizzare i vostri pensieri: “perché mettermi a dieta/ perché non mettermi a dieta”.

All’inizio vi sembrerà (soprattutto se così vi hanno insegnato) che ci siano solo vantaggi nell’intraprendere la strada per il dimagrimento. In realtà il vostro corpo, la vostra mente, sanno bene che non è così.

Ricordate cosa dicevamo nel precedente articolo? Se siamo arrivati ad un certo punto, è perché quella era la cosa più funzionale per noi. Il nostro grasso, fino ad un certo punto, ci ha protetti da qualcosa di più spiacevole.

Ma arriva il momento in cui l’equilibrio tra vantaggi e svantaggi (in questo anche sul piano salutistico e non solo psicologico) non è più in pari. E noi dobbiamo inventarci strade nuove per il nostro benessere.

Questo non sarà facile, ma tutto comincia dalla nostra lista.
Prendetela sul serio: prima di cominciare è fondamentale dar voce ai motivi per cui è meglio NON dimagrire, NON mettersi a dieta (per tutti i sì c’è un mondo che li sostiene), non solo per imparare a conoscere meglio noi stessi, ma soprattutto perché questi NO saranno compagni di viaggio che incontreremo presto.

Forse si chiameranno tentazioni, nervosismo, gola, voglia di dolce, bisogno di coccole soddisfatto attraverso il cibo, forza di volontà che cala, non riuscire a dire di no a chi ci offre del cibo…
Potranno avere voce più o meno forte, ma di certo ci accompagneranno fino alla fine della dieta, ed anche dopo chiederanno di tornare al loro posto d’onore.

Posso assicurarvelo: ciascuno di noi ha ragioni per cambiare e ragioni per restare com’è, ed è meglio esserne consapevoli per raggiungere i nostri obiettivi.

Dieta: le fasi del cambiamento e il “kairòs”

Come avrete sentito dire, è necessario essere pronti al cambiamento perché questo abbia davvero successo e sia duraturo. Ma cosa serve per essere pronti?

Nel precedente articolo abbiamo accennato al fatto che il cambiamento emerge attraverso degli stadi di consapevolezza.

Quando vogliamo perdere molto peso, cambiare le nostre abitudini alimentari (o qualsiasi altra condizione) che si intrecciano al nostro stile di vita, abbiamo un solo desiderio: farlo in fretta. Eppure la fretta, da sola, non basta.

Molte persone si chiedono come è possibile attuare un cambiamento definitivo, ed è a loro ben chiaro dove vorrebbero arrivare. Eppure non sempre riescono: perché succede?

La possibilità di vedere soddisfatti i propri bisogni o di incontrare invece ostacoli nel perseguimento dei propri scopi e relativi piani di azione, suscita in ciascuno di noi delle emozioni.

Motivazione ed emozione sono indissolubilmente legate, come due facce della stessa medaglia: se la motivazione rappresenta la parte pratica del cambiamento (comprendere i perché, organizzare un piano d’azione…), l’emozione rappresenta il come ogni individuo reagisce.

Il primo passo, dunque, sta nel riconoscere il cambiamento e quali vissuti noi associamo ad esso, mentre silenziosamente emerge.
Il secondo nel progettarlo nutrendoci del desiderio di cambiare.
Poi nell’attuarlo concentrandoci sulla nostra forza,
e infine nel mantenerlo godendoci la sicurezza del nuovo risultato raggiunto.

Le emozioni possono essere un alleato importante, anche se talvolta duro da affrontare, che fanno la differenza tra un’esperienza di successo ed una di fallimento.

Il cambiamento arriva da lontano, arriva da dentro di noi.

Proveremo a distinguere un percorso a tappe che teoricamente descrive la storia di un cambiamento. E’ come se le grandi trasformazioni si sviluppassero in una curva che cresce e che descrive la nostra energia nell’entrare in contatto con la trasformazione.

  • Il primo passo potremmo definirlo della “pre-intenzione”:

è quasi evanescente, si percepisce appena. In questa fase non abbiamo nemmeno preso in considerazione il cambiamento, ma la nostra attenzione viene colpita da piccoli segnali, indizi, che portano in quella direzione.

Le persone che sono a dieta ci colpiscono, vogliamo conoscere le loro storie, fantastichiamo davanti ad una taglia più piccola che vorremmo indossare, e così via.

In questa fase, alcune persone preferiscono negare che il cambiamento possa davvero avere dei benefici per la loro salute, pensare che non ci saranno conseguenze al loro sovrappeso, attribuire la colpa dei loro problemi all’esterno (lo stress, il luogo di lavoro, il posto in cui vivono, la vita che fanno), e persino arrivare a dire di essere soddisfatti della situazione attuale.

A questo punto, ovviamente, non si è pronti al grande passo.
Potreste rimanere così per molto tempo, o considerare questa fase come il preludio al cambiamento.
Solitamente, solo dopo essere passati alle fasi successive riconoscerete in questi momenti un passo fondamentale verso la presa di coscienza ed il desiderio di cambiare.

  • Esiste poi un’altra fase, quella della riflessione.

Se siete arrivati a questo punto, state prendendo in considerazione la possibilità di cambiare. Siete consapevoli del vostro peso, ad esempio, e percepite il desiderio di essere diversi da quello che siete.

Forse cominciate a chiedervi quale dieta seguire, a quale specialista rivolgervi, leggete articoli sull’argomento, fate domande agli amici che hanno cominciato, collocate concretamente questa possibilità nella vostra vita e riflettete sugli effetti che potrebbe avere.

  • Il passo successivo avviene quando la riflessione diventa preparazione:

fissate un tempo, progettate il famoso “lunedì” in cui cominciare la dieta (anche se a volte questo lunedì non arriva mai), prendete contatti telefonici con il medico o con la palestra.

In queste prime fasi l’energia può già sembrare molto alta, ma alcune persone possono rimanere molto tempo a riflettere sul cambiamento senza mai concretizzarlo. Anche se state già progettando qualcosa di operativo, il vostro livello di ambivalenza può essere ancora alto: sottovalutare questa parte del percorso, attraversarla troppo in fretta, può compromettere l’intera riuscita del vostro progetto, ed è questo che fa la differenza tra un percorso di successo o di fallimento.

Alcuni di noi si chiedono perché a questo punto falliscononon cominciano mai, o tornano sempre indietro.
Mi piace pensare che il tempo non sia vano per nessuno: se c’è un tempo lungo di preparazione, quel tempo non è mai tempo vuoto, ma rappresenta già una fase del nostro percorso. La dieta non inizia in quel famoso lunedì, ma in tutto ciò che ci ha portato ad arrivare lì, e possibilmente anche ad andare avanti fino alla fine.

Il tempo gioca un fattore fondamentale

Il kairòs, o momento opportuno è quel momento che sembra magico dove le possibilità si dispiegano. Gli antichi greci avevano diversi modi di indicare il tempo: àion, l’eternità; krònos, lo scorrere delle ore (passato-presente-futuro) nella sua dimensione concreta; infine kairòs, la buona occasione, l’attimo fuggente da afferrare al volo.

Tutti noi siamo in attesa del momento propizio, ed è soltanto restando in ascolto che possiamo cogliere l’attimo, la sua magia.

Nel prossimo articolo parleremo delle altre fasi: quella dell’azione, del suo mantenimento e della fase finale, in cui si godono i risultati raggiunti.

Dott.ssa Marcella Agnone – Psicologa Psicoterapeuta

 

Foto: Fernando Botero – La cena