Archivio tag: La raffinatezza discreta di Giuseppe Verdi anche nel buon gusto per la cucina!

Giuseppe Verdi fu anche un raffinato intenditore della buona cucina!

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Di Giuseppe Verdi ogni italiano che, sia o meno appassionato di musica conosce qualcosa, ma non tutti gli italiani sanno che Verdi era anche un raffinato intenditore della buona cucina;
cercava personalmente gli ingredienti per la sua tavola non in base al loro esotismo e costo, ma esclusivamente in base alla qualità.

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Insomma non era un ghiottone, anzi la sua alimentazione quotidiana era piuttosto frugale.
Gli piaceva particolarmente passeggiare a lungo nella sua tenuta di Sant’ Agata con gli amati cani Yvette, Black e Moschino, intrattenendosi con i coltivatori e gli allevatori ed era molto gratificato da qualche prodotto coltivato con particolare cura o da qualche salume particolarmente gustoso.

imageSolo di tanto in tanto, forse stimolato dalla bonta’ di alcuni di quei prodotti, cedeva volentieri qualche respiro della sua eccelsa creativita’ anche ai fornelli.

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Ecco, Verdi non solo sapeva apprezzare le buone cose ed in particolare i salumi benfatti che amava particolarmente come le spallette cotte di San Secondo ed il culatello, ma possedeva il raro gusto del sapiente abbinamento dei sapori, delle proporzioni e della misura.

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Ad esempio amava i tartufi, ma li privilegiava soltanto su alcune pietanze senza imporli ad ogni cibo e si dilettava particolarmente a ricreare alcuni piatti all’ insegna della qualita’ e della quantita’ degli ingredienti che abbinava con abilita’ e senza esagerazioni!

imageCi sono molti piatti che gli sono stati dedicati da grandi chef , tra cui ” la pasta alla Traviata” e ci sono rimaste non solo le sue ricette esclusive ma anche quelle tradizionali e gia’ conosciute che Verdi rivisito’ e variando con speciale attenzione e abilita’ la quantità degli ingredienti trasformo’ in autentici capolavori di sapienza!

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Il compositore, schivo e riservato a tavola preferiva la cucina semplice e genuina e non amava i sapori elaborati e le pietanze eccessivamente manipolate proposte nei ristoranti che era obbligato a frequentare.

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Unica eccezione a tanta frugalità era costituita dalle frequenti visite alla centralissima e raffinata pasticceria milanese “Cova” dove il musicista andava ad acquistare il dolce meneghino per eccellenza: il panettone.

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Cova era una pasticceria il cui nome significava eccellenza e qualita’. Una pasticceria entrata nelle guide turistiche degli stranieri che, accettavano di concedersi un dolce fra i più prelibati. Cova era tutto questo. Era, perché ora non lo sarà più. O forse, continuerà ad esserlo, ma non avra’ più quel cognome prettamente ed esclusivamente milanese.

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La pasticceria collocata in via Montenapoleone, nel quadrilatero della moda meneghina, dove tutto costa più che in altri posti per il semplice fatto di trovarsi lì, è recentemente passata di mano. Dall’Italia alla Francia, dove una holding legata ad una griffe famosa di pelletteria, lo ha rilevato per una quota maggioritaria e tutte le decisioni strategiche apparterranno ai cugini d’ Oltralpe che decideranno eventualmente su come sviluppare ed innovare l’attività.

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Nel settembre 1896 la moglie di Verdi, Giuseppina Strepponi (cantante lirica) scrisse su dettatura del marito la ricetta del risotto “alla Verdi” per inviarla all’impresario dell’Opèra di Parigi Camille Du Locle. La trascrivo di seguito perche’ possiate apprezzarne, come e’ accaduto a me, la cura dell’ esecuzione ed anche perche’ possiate realizzarla allo stesso modo:

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“Mettete in una casseruola due once (60 gr. scarsi ) di burro fresco; due once (60 grammi scarsi) di midollo di bue, o vitello, con un poco di cipolla tagliata. Quando questa abbia preso il rosso mettete nella casseruola sedici once ( 400 grammi circa) di riso di Piemonte: fate passare a fuoco ardente (rossoler) mischiando spesso con un cucchiaio di legno finché il riso sia abbrustolito ed abbia preso un bel color d’oro.
Prendete del brodo bollente, fatto con buona carne e mettetene due o tre mescoli (deux ou trois grandes cuilleres à soupe) nel riso.
Quando il fuoco l’avrà a poco a poco asciugato, rimettete poco brodo e sempre fino a perfetta cottura del riso. Avvertite però, che a metà della cottura del riso (ciò sarà dopo un quarto d’ora che il riso sarà nella casseruola) bisognerà mettervi un mezzo bicchiere di vino bianco, naturale e dolce: mettete anche, una dopo l’altra, tre buone manate di formaggio parmigiano grattato rapè. Quando il riso sia quasi completamente cotto,
prendete una presa di zafferano che farete sciogliere in un cucchiaio di brodo, gettatelo nel risotto, mischiatelo, e ritiratelo dal fuoco, versatelo nella zuppiera. Avendo dei tartufi, tagliateli ben fini e spargeteli sul risotto a guisa di formaggio. Altrimenti mettetevi formaggio solo. Coprite e servite subito”.

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