Una storia molto piccante: ” IL PEPERONCINO “

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Il nome originario del peperoncino, in linguaggio “Nahuati” e’ “CHILLI” o “XILLI”, e questa denominazione e’ rimasta inalterata nel Messico e nell’ America Centrale.
La specie piu’ antica che ebbe regolare coltivazione e dalla quale derivano tutte le altre specie, e’, sempre in lingua Nahuati , il “CHILITECPINTI” , piccolissimo e piccantissimo che viene definito “peperoncino pulce” e la sua origine risale ad 8000 anni fa.

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Questa qualita’, era chiamata “ROCOTO” dagli Incas; nei Paesi di lingua imageportoghese e’ diventato ” AJI ” ; in lingua Quechua e’ ” UCHU” e nella denominazione latina e’ ” Capsicum Annuum ” della varietà Aviculare.
Invece, la prima specie giunta in Europa, proveniva dai Caraibi ed e’ quella che molto più tardi fu chiamata da Linneo, Capsicum chinense, delle varietà Scotch Bonnet o Habanero.

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Alcuni linguisti ritengono che il nome “Capsicum”, dato al ” CHILI ” nel 1750 da Linneo, ( Carl Nilsson Linnaeus, medico, botanico e naturalista svedese, padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi ) che l’ unifico’ alla famiglia delle Solanacee, derivi da “CAPSA”, che significa scatola, ovvero una bacca simile ad una scatola contenente semi.
Altri linguisti invece affermano che il termine ” CAPSICUM ” derivi a sua volta dal greco
” KAPTO ” che vuol dire ” mordo avidamente ” con evidente richiamo al sapore piccante che morde la lingua e stimola l’ appetito.

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Allora, perché noi lo chiamiamo peperoncino?

Perché quando fu introdotto in Occidente da Cristoforo Colombo, alla fine del 1400, al ritorno dal suo secondo viaggio in America e precisamente dalle Isole caraibiche , fu assimilato da una parte al piper nigrum asiatico per la sua attitudine a rendere piccanti i cibi e dall’ altra ad un peperone piccolo, perciò divenne ” peperoncino” ovvero piccolo peperone piccante.
Da notare che, Pier Andrea Mattioli ( famoso medico e botanico senese del 1500 , traduttore ed interprete dell’ opera di Dioscoride, che completò con una serie di ricerche su piante medicinali dalle proprietà ancora sconosciute ) lo chiamo’ “pepe cornuto ” e considerando la sua provenienza, come era erroneo all’ epoca, lo definì ” pepe d’ India “.

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In Europa, fu utilizzato inizialmente solo a scopo ornamentale, come molte piante esotiche allora sconosciute, ( vedi su questo stesso blog le origini della patata e del pomodoro ), ma divenne ben presto un alimento comune.

Si ipotizza che, i monaci del monastero reale di Santa Maria de Guadalupe, in Estremadura, Spagna, furono i primi europei a scoprire il sapore piccante del peperoncino e ad aggiungerlo ai piatti della loro cucina.
Inizialmente coltivati nei monasteri i semi furono poi diffusi in tutta la Spagna e in Europa dai cosiddetti monaci “viaggiari”. Nel 1600, attraverso le rotte commerciali provenienti dal Sud America, esploratori e commercianti portoghesi e spagnoli, introdussero il peperoncino anche in Africa, India e Asia.

imageQuesto prezioso alimento si diffuse rapidamente anche nei Paesi del Mediterraneo, favorito dal clima e dal sole, attecchendo benissimo nell’ Italia meridionale, dove è rimasta la spezia preferita insieme alle virtù salutari ed alle simpatiche superstizioni che l’ hanno accompagnata

imageIl l peperoncino ha radici veramente remote e con grandi probabilità e’ una delle prime bacche usate dall’ uomo.

La sua origine accertata e’ in una zona compresa tra le montagne del Brasile e la Bolivia e nel corso di migliaia di anni si diffuse sull’ intero territorio americano.
La diffusione fu determinata soprattutto dagli uccelli che, attirati dalle bacche rosse piccole e rotonde, non essendo in grado di percepire il sapore piccante della capsaicina , poiché questa sostanza agisce su uno specifico recettore nervoso che essi non possiedono ed avendo un sistema digestivo che non rovina i semi, ne furono gli involontari vettori.
L’ archeo-biologa Linda Perry, dello Smithsonian National Museum of Natural History di Washington, D.C., ha impiegato la tecnica dell’ analisi dell’ amido per cercare resti di peperoncino in siti archeologici americani.
Infatti tutte le specie di peperoncino producono microscopici granuli di amido simili a globuli rossi. Questi granuli sono stati trovati su cocci di ceramica e pietre di fresatura provenienti da reperti archeologici in Messico, Panama, Bahamas, Venezuela, Ecuador e sud del Perù.

imageCiò significa che, i peperoncini erano usati abitualmente come condimento nell’ alimentazione preistorica e l’ abbondanza dei granuli di amido, che si sono conservati perfettamente ha rivelato ciò che sembra sia stata una preistorica vendemmia datata a più di 8000 anni fa.
Sempre nel corso di queste ricerche gli archeologi hanno rintracciato anche associazioni di granuli di amido di Chilli con quelli di amido di mais e ciò dimostra che queste due piante si sono evolute insieme e costituivano un antico e diffuso alimento vegetale Neotropicale che, in alcune Regioni, precede perfino i primi manufatti di ceramica.

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Presso gli antichi siti preistorici di Loma Alta e Loma Real nel Sud-Ovest dell’ Equador , risalenti a 6100 anni fa, l’ analisi dei granuli di amido ha evidenziato la presenza di frutti più grandi rispetto a quelli selvatici originari e qualita’ differenziate rivelando così una coltivazione sistematica delle piante.

Con la coltivazione sistematica, il peperoncino entrò ufficialmente nella cultura delle civiltà precolombiane. Gli Incas lo veneravano e lo consideravano uno dei quattro fratelli del loro mito della creazione. Lo chiamavano “Agar-Uchu” ossia “Fratello Peperoncino” e ritenevano che fosse il fratello del primo re Inca.
Sono stati quindi considerati frutti di piante sacre e i digiuni più rigorosi erano quelli che vietavano l’uso di tutti i peperoncini.
Secondo lo storico L.E. Valcarcel, i peperoncini erano così apprezzati dalla società Inca che furono probabilmente utilizzati anche come moneta. Poiché non vi erano monete o banconote, alcuni prodotti come i peperoncini entrarono a far parte di un rudimentale sistema monetario.
Valcarcel osservo’ che fino alla metà del XX secolo, la gente nella piazza di Cuzco avrebbe potuto acquistare beni con i Rantii, cioè una manciata di peperoncini !

imageLe civiltà precolombiane non conoscevano l’uso di olii o grassi, in cucina. La maggior parte dei piatti erano vegetariani e tutto quello che cucinavano era in umido, bollito o arrosto con condimento di abbondante peperoncino.

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Pesce e carne erano piu’ rari e destinati alle classi sociali piu alte. Dall’ esame dei reperti storici e dai resoconti dei missionari, si è scoperto che per gli Inca la colazione comprendeva gli avanzi della sera precedente e una tazza di Chicha, una bevanda leggermente inebriante a base di mais fermentato.
Preparavano uno stufato chiamato “Mote” e costituto da mais bollito con peperoncini, patate e erbe. Cucinavano anche zuppe di carne di lama essiccata al sole, patate disidratate, ( le antenate dei fiocchi di patate che oggi si comprano nei supermercati per fare il pure’ ! ) e naturalmente peperoncini a volontà.
Anche con i Maya, la cui civilta’ raggiunse l’ apice nella la penisola dello Yucatan nel 500 d. C., i peperoncini erano coltivati intensivamente in trenta diverse varieta’ insieme al mais che era la coltura più importante, seguita da patate, fagioli, zucche, cacao, cotone, papaia, bacche di vaniglia, manioca e agave.
I Maya allevavano anche tacchini domestici, anatre e cani. La loro selvaggina principale era costituita da cervi, uccelli e cinghiali. Si nutrivano anche di armadilli e di lamantini che erano considerati prelibatezze destinate a pochi.
La loro colazione era costituita da un pure’ di granoturco macinato, condito con peperoncini e chiamato Atole o Pozol. I pasti della giornata prevedevano stufati di verdure e carni, tortillas con pasta di fagioli, peperoncini e un pò di zucca. La carne, di solito pollo o maiale, veniva consumata solo una volta alla settimana.

imageLa cucina azteca invece è rimasta per secoli praticamente invariata diventando la base della cucina messicana di oggi. Infatti molti piatti aztechi comprendevano peperoncini ripieni, tamales e tortillas con fagioli e una salsa a base di peperoncini e pomodori.
Tutte queste preparazioni sono ancora molto comuni in Messico. Le tortillas sono ormai internazionali ed i Tamales si preparano ancora oggi con una ricetta rimasta uguale da secoli . Sono costituiti da un impasto di farina bianca di mais , chiamata “masa” , brodo caldo e peperoncino. La “masa” si lascia riposare al fresco, poi si spalmano foglie inumidite di pannocchie o di banano, si farciscono con carne di tacchino o di maiale e con salsa di prugne o di ananas, si chiudono come un pacchettino e si lasciano stufare )
Gli Aztechi amavano anche bere il Chilote, un liquore a base di Pulque (polpa di agave fermentata), peperoncini Ancho e erbe aromatiche che e’ l’ antenato dell’ odiena Tequila.

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Nel corso della sua diffusione attraverso l’America Centrale e il Messico, il peperoncino guadagnò anche la reputazione di potente medicinale.
Le tribù precolombiane di Panama, secondo lo scienziato Maria Helms, lo utilizzavano in combinazione con cacao e tabacco per entrare in trance allucinatorie e per “viaggiare” verso il cielo o negli inferi e negoziare per conto del genere umano con gli spiriti buoni e cattivi.
Ancora oggi gli ultimi nativi americani, di Cuna di Panama bruciano peperoncini in modo che il fumo irritante possa scacciare gli spiriti maligni durante la cerimonia della pubertà di una ragazza ed erano certi di poter allontanare gli squali se c’ erano dei peperoncini fissati dietro le loro canoe.
Per i nativi Tzotzil degli Altos del Chiapas, ancora oggi il peperoncino assiste sia nella vita che nella morte. I peperoncini vengono strofinati sulle labbra dei neonati e vengono bruciati durante le cerimonie funebri per sconfiggere gli spiriti maligni.

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La tribù di San Carlos Huastec Potosi e Vera Cruz curano le vittime del “malocchio” con un uovo immerso in polvere di peperoncino che poi viene strofinato sul corpo della vittima per restituire il dolore al mittente.
Gli indiani Cicatec degli altipiani meridionali del Messico, usano nei loro rituali il Tepache, un bicchiere di succo di canna da zucchero fermentato, con il cacao e il peperoncino.
Una bevanda analoga a base di cioccolato e peperoncino, il Chicahuati era riservata dagli Aztechi ai ricchi ed ai sacerdoti.

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Ma quali sono le proprietà benefiche del peperoncino?

Il peperoncino contiene molta vitamina C, che previene e cura le malattie da raffreddamento; grazie ai capsaicinoidi ha potere antisettico e decongestionante, combattendo e lenendo mal di gola e tosse; grazie alla vitamina A, che lo rende un antisettico e antibatterico, si rivela un ottimo alleato contro la candidosi causata da un livello troppo alto del fungo Candida albicans ; grazie alla capsaicina, riduce i livelli di insulina nel sangue. La capsaicina favorisce la produzione di adrenalina, che influenza l’attività della tiroide, accelerando il metabolismo, soprattutto quello intermedio, legato in particolare alla digestione. Inoltre la capsaicina distrugge le cellule cancerogene mediante apoptosi, un processo di “morte cellulare programmata”.

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Il peperoncino, quindi, è alleato della digestione, stimolando la secrezione di acido cloridrico e favorendo l’appetito. Influisce particolarmente sul transito intestinale dei cibi e sull’evacuazione, evitando la formazione e la successiva fermentazione di gas nello stomaco e la stitichezza.
Molti temono che il consumo di peperoncino provochi o irriti le emorroidi, ma questo è dovuto a pregiudizi e disinformazione. Già nel 1857, l’Accademia medica francese sancì ufficialmente la validità del peperoncino contro ogni tipo di emorroidi, dato che nel giro di poche settimane dolore e congestione scomparivano. L’azione terapeutica è dovuta alla vitamina K2, antiemorragica, e alla capacità caratteristica del peperoncino che, per chiudere le ferite, chiama in soccorso piastrine, fibrine e tutti i materiali di riparazione, con un aumento del sangue nelle zone interessate fino alla cicatrizzazione.

image I capsaicinoidi, in particolare la diidrocapsacina e la lecitina (presente soprattutto nei semi), grazie al loro potere fluidificante e vasodilatatore, ostacolano la formazione e il deposito del colesterolo nel sangue, contrastando l’insorgenza dell’arteriosclerosi e dell’infarto e proteggendo complessivamente l’apparato cardio-circolatorio.
Il peperoncino concilia il sonno poiché rilascia ossitocina e ha un notevole effetto sul sistema nervoso simpatico e un’azione simil-anfetaminica, migliorando le condizioni dell’umore e il livello di attenzione.
E’ ritenuto anche un elemento dimagrante poiché fa riscaldare il corpo, aiutando a bruciare calorie. Effettivamente è utile per chi ha problemi di peso per via del diidro capsiato, una sostanza che stimola il metabolismo contenuta soprattutto nel tipo dolce. L’effetto vasodilatatorio della capsaicina favorisce la circolazione sanguigna, anche a livello periferico, per cui il peperoncino giova sicuramente nella sfera sessuale e non a caso in Calabria lo chiamano “Viagra naturale” !

imagePer uso esterno, è impiegato come antidolorifico per combattere artriti e reumatismi, effettuando massaggi con una lozione a base di alcol e peperoncino e, secondo il folklore popolare calabrese, combatte anche la caduta dei capelli, con notevoli benefici sul cuoio capelluto. Per combattere il bruciore in bocca dovuto ad un eccessivo consumo di peperoncino, si possono utilizzare derivati del latte come yogurt, formaggi a pasta molle o piu’ semplicemente masticando un po’ di mollica di pane!

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Le 5 specie più comuni, di peperoncino sono:

Capsicum annuum, probabilmente la più coltivata, comprendente le varietà più diffuse: i peperoni dolci, il peperoncino comune in Italia, il peperoncino di Cayenna, e il messicano jalapeño

Capsicum baccatum, che include il cosiddetto cappello del vescovo, e gli ají
Capsicum chinense, il cui nome può trarre in inganno. Difatti la qualità non è cinese, bensì sudamericana, in particolare originario dell’Amazzonia. Tale qualità include l’habanero, rimasto fino al 2006 nel Guinness dei primati come il peperoncino più piccante del mondo, e il suo successore Dorset Naga ibrido con C. frutescens,  più lo Scotch Bonnet e  il fatalii
Capsicum frutescens, che include tra gli altri il tabasco
Capsicum pubescens, che include il sudamericano rocoto.

Le suddette specie principali, ibridate con almeno trenta altre specie meno diffuse, hanno originato migliaia di varieta’ di piante di peperoncini!

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