L’ importanza del MIELE nella cucina dell’ antica Roma

image
  image

Elemento indispensabile nella vita dei Romani era il miele e l’apicoltore romano aveva un ruolo essenziale nella cucina latina.
Il miele era un prodotto molto diffuso in tutta la penisola: da nord a sud e nelle isole, numerose varietà rivaleggiavano in sapore e aroma, il che non impediva però ai Romani di importarlo anche dalla Grecia . Due tipi di miele solleticavano maggiormente il gusto dei Romani: quello di prima qualità (mei optimum) e quello di seconda qualità (mei secundum). Capitava spesso che i cuochi romani mischiassero le due qualità tra loro e Apicio ci da una ricetta per migliorare il miele cattivo, aggiungendo a una misura di miele di seconda qualità due misure di quello «ottimo».

image

Anche se i Romani consideravano il miele soprattutto come un dessert, se ne servivano pure in modi diversi. Lo utilizzavano, per conservare alcuni alimenti come la frutta, ma anche per confezionare marmellate, vini « conditi », dolci. L’impiegavano poi per fare salse e con esso spalmavano i prosciutti e alcuni pezzi di carne prima di farli cuocere. Basta sfogliare le ricette di Apicio per rendersi conto dell’importanza di questo ingrediente, stimato più di ogni altro.
Il migliore, secondo gli autori latini, era il miele dell’Attica e Petronio ce ne da la prova e nel Satyricon scrive: « Per avere a casa sua il miele attico, si è fatto portare alcune api da Atene; così, a un tempo, le api locali diventeranno migliori grazie a quelle greche… »

image

Ecco, di seguito l’ antica ricetta romana del vino aromatizzato al miele:
“Siano versati in un vaso di bronzo un quarto di vino e due cucchiai di miele, in modo che, mentre il miele bolle, il vino diminuisca di volume. Scaldalo a fuoco lento; gira il tutto finchè prenderà il bollore; quando comincerà a salire, trattienilo versando altro vino.Una volta freddo fallo scaldare di nuovo. Ripeti per altre due volte. Il giorno dopo lo schiumerai. Aggiungi allora 120 gr. di pepe, poco pistacchio, cannella e zafferano, cinque ossi arrostiti di datteri; trita cinque datteri che dal giorno precedente avrai posto nel vino per farli ammorbidire. Fatto ciò versa due litri circa di vino giovane”.