PANSETA DE LA BERGAMASCA E Cò CòC

Mamma quanto tempo è passato

dall’ultimo post.

Seppure l’anno fosse iniziato

bene  per il blog vedi

la recensione su “VIE DEL GUSTO”

non posso dire così per me.

L’alto tasso di umidità che non

abbandona la pianura,

mi ha regalato un brutta influenza

anzi forse è la prima volta

che posso chiamarla influenza.

Per la prima nella mia vita

sono stata costretta a stare

a letto per 4 lunghissimi giorni con la

febbre altissima, ha sfiorato i 39°.

Leggendo qua e là tra vari blog

mi trovo concorde con alcune di voi

che invitano a non trascurare nel

proprio blog le ricette che fanno parte

della tradizione familiare, io aggiungerei

anche i prodotti e i riti della

tradizione locale.

Ed è per questo che

oggi vorrei parlarvi di due insaccati ricavati

dall’uccisione dal maiale si tratta

della Panséta della Bergamasca e del Cò còc.

L’uccisone del maiale nella civiltà contadina

bergamasca era vissuto come un rito.

Ed il periodo giusto era considerato

Quello che va dai Morti a Sant’Antonio Abate.

Una curiosità dal sito Buona Lombardia:

Il maiale, infatti, è sempre stato, nella civiltà agraria,

una delle principali fonti di carne per la famiglia

ed era per lo più trattato come carne insaccata

o lavorata (prosciutto), in modo tale da ottenere

una conservazione superiore rispetto alla semplice carne fresca.
L’uccisione del maiale rappresentava

un vero e proprio rito: era ammazzato con una pugnalata al cuore,

generalmente prima del S. Natale.

Un rito, una vera e propria festa,

di cui tutta la famiglia era partecipe,

come del resto lo era stata anche durante

tutto l’anno contribuendo all’allevamento.

Ogni parte del maiale veniva sfruttata,

lavorata e trasformata.”

Image_Salumi.png

 

Dopo l’uccisione ogni componente

della famiglia aveva un compito

da fare, chi aiutava il norcino che insaccava,

chi si occupava  di preparare

tutte quelle parti del maiale che non  venivano insaccate;

come: il cuore, il fegato, che erano consumati per primi e

lo strutto e il lardo per la conservazione per utilizzarlo

tutto l’anno, di questo si occupano le donne

come pure la preparazione del Cò còc o testa cotta

DSC01068 copia.jpg

che consiste nella cottura della testa

del maiale dopo essere stata pulita dai peli, con

una testa di bovino tramite una lunga e lenta bollitura

in acqua salatadi solito  per circa 6/7 ore

finche ogni parte di carne

non stacca da sola dalle ossa.

Quando è cotto si scola dall’acqua

si mette sul tagliare e si trita il tutto

grossolanamente, si insaporisce poi

con un misto di sale, pepe nero macinato,

della saporita (cioè spezie miste o pisto come chiamano

i campani ) e pepe nero in grani.

Si mette in un canovaccio bianco e cucito a

forma cilindrica e si metteva   fuori  casa appeso

a scolare da tutto il grasso in eccesso

generalmente ci volevano circa 12 ore

a questi punto è pronto per essere

mangiato. Questo tipo di insaccato

era mangiato in 6/7 giorni

perché non durava di più

ma era ed è buonissimo.

DSC01061 copia.jpg
La “pansèta de la bergamasca” invece viene prodotta con carni suine fresche
con cotenna della pezzatura minima di 3 chilogrammi, provenienti da animali
dalle caratteristiche del “suino pesante italiano”, cioè di 160 chili di peso.
In base alla salatura ed alla quantità di spezie,
la pancetta può essere più o meno saporita.
Si va da quella dolce fino ad arrivare alla piccante, prodotta in vero, in quantità limitate.
La più richiesta è la dolce o leggermente saporita.
Produzione: Le carni fresche con cotenna, dopo il taglio e una prima sgrossatura,
vengono salate a secco con l’aggiunta di pepe e spezie aromatiche.
Questa operazione dura un minimo di sette giorni.
Il prodotto viene quindi piegato a libro o arrotolato, sagomato, cucito e legato a mano.
Conservazione: Come minimo 45 giorni in locali freschi ed areati.
 Può in tutti i casi stagionare senza alcun problema anche più a lungo.
DSC00413 copia.jpg
Naturalmente oggi giorni questi prodotti si trovano
solo nelle macellerie di paese quelle che sono ancora
attente alle tradizioni.

11 Risposte a “PANSETA DE LA BERGAMASCA E Cò CòC”

  1. @ Ornella grazie a te della visita hai ragione questo post racchiude tanti ricordi
    @ Laura grazie mille è proprio un bel pezzo di storia peccato che non sempre riesco a tradurre in parole i pensieri
    @ Tittina Grazie mille

  2. Ciao, lieta di conoscerti e grazie di essere passata dalle mie parti! Quanti ricordi leggendo il tuo post! Anche da noi in Veneto si alleva, o meglio dire si allevava perché ce ne sono gran pochi oggigiorno… il maiale. Non si fanno gli stessi insaccati ma si usava tutto, non si sprecava nulla!
    Mi fai venire i mente la sopressa…ed il papà di un mio amico che andava per i boschi a raccogliere castagne, poi le cucinava sul fuoco e le pelava per darle come cibo al maiale. Credimi non ho mai più mangiato sopresse simili! Bei tempi..A presto buon fine settimana

  3. @ Parole sante le tue Germana era davvero così il norcino veniva trattato da re
    @ Ely hai ragione le macellerie attente alla tradizione sono sempre meno
    @ Sabrina è stato un paicere essere con voi sulle vie del gusto…e il rito del maiale manca anche qui ormai
    @ Simo grazie mille e mi rimetterò presto
    @ Annamaria hai ragione è un peccato non trovare queste prelibatezze
    @ Grazia da noi lo strutto si conservava nei vasi….chissà che non faccia un post anche su questa conservazione
    @ per tutti grazie mille per i complimenti non immaginavo che questo post suscitasse tanti ricordi in ognuna di voi….

  4. Anche a casa dei miei suocerei, romagnoli, l’uccisione del maiale era veramente un evento importante..Ricordo ancora le bottiglie di acqua minerale …vuote usate per conservare la sugna ..
    ma questi salumi dall’espetto così stuzzicante non li ho mai assaggiati nè nelle loro macellerie nè altrove..
    Peccato
    Complimenti per il bel post!
    Buona giornata

  5. che bello leggere di queste tradizioni…mi spiace però sapere che non sei stata bene, ti capisco qua c’è un tempo da lupi!
    Un abbraccio e riprenditi prsto, cara!

  6. Ci siamo ritrovate insieme sulle Vie del Gusto, è stata una bella emozione! Ma tornando al tema del tuo post, questo rito dell’uccisione del maiale mi ha accompagnato per tutta la mia infanzia, quando mio padre, i miei zii e i miei nonni avevano ognuno il proprio maiale da “lavorare”. Chiamavamo un macellaio che ci aiutava nel taglio della carne, con la quale riempivamo il congelatore, poi si preparavano il prosciutto, i salami, una coppa e la famosa coppa di testa, ovvero quell’insaccato di cui parli anche tu. Poi con gli anni anche questo rito è sparito e ne sono rimasti invece altri, vedi la preparazione della passata di pomodoro per tutto l’anno, la vendemmia, ecc.
    Luca davanti alla tua panseta è rimasto folgorato, ci va matto!
    Buona serata
    Sabrina&Luca

  7. è davvero un peccato perdere queste meraviglie… e ancora più raro almeno da noi trovare ancora delle vere macellerie….. grazie!

  8. Che bello ricordare quei tempi!Nelle nostre cascine era un vero rito ed il norcino una persona da trattare con i guanti perché da lui dipendeva la buona riuscita degli insaccati.
    Brava Luisa e grazie per il bellissimo post.

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