Secondo il disciplinare di Slow Food, che si prefissa di valorizzare le produzioni norcine a discapito di quelle industriali, un buon punto di partenza è quello di usare le carni dei maiali allevati in loco. Il pezzo di capocollo viene lavorato fino ad essere reso perfettamente cilindrico e poi messo sotto sale per un tempo variabile di 15-20 giorni, un periodo decisamente più lungo rispetto a quello degli altri capocolli italiani. Terminata la salagione il capocollo viene lavato e massaggiato con vino cotto e aromi (la concia) per circa 12 ore, infine insaccato in un budello naturale e posto ad asciugare per circa 10 giorni avvolto in teli bianchi di cotone. Fin qui nulla di nuovo, ma a questo punto il capocollo di Martina Franca viene sottoposto ad una leggera affumicatura, che gli permette di conservarsi meglio e di affrontare il clima caldo del Salento. L’affumicatura avviene in camini attraverso la combustione controllata di timo e corteccia di quercia. Segue, infine, una stagionatura di almeno 90 giorni all’interno di trulli o locali adeguati.
Caratteristiche organolettiche del Capocollo di Martina Franca
Il capocollo di Martina Franca si presenta cilindrico, con pezzature che variano da 0,5 a 1 kg. La buccia è di colore giallastro, con macchie più o meno scure dovute alla lunga stagionatura. Al taglio la fetta si presenta morbida e compatta, di colore rosso vivo con venature bianche. Il gusto è molto saporito e speziato, acidulo per via della concia con il vino cotto e fragrante. Si abbina bene ad una fetta di pane pugliese oppure nel classico abbinamento con pecorino e fave.
(Fonti della descrizione: Cibo360.it)
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