Svendita del Made in Italy

Svendita del Made in Italy


Sempre più aziende italiane cedono l’attività a investitori stranieri. E l’agroalimentare è tra i settori più colpiti

I gruppi stranieri soprattutto europei si stanno impossessando dei marchi storici italiani e il settore alimentare pare essere il più colpito. Sono venti infatti le imprese italiane che, secondo Coldiretti, sono state cedute a gruppi stranieri dal 2006 a oggi. Ma quali sono le possibili ragioni della diaspora del made in Italy? Secondo Lorenza Bassana, responsabile economico di Coldiretti, le ragioni sono da ricercare nel tessuto produttivo del Paese, ovvero in quelle piccole e medie imprese in cui la conduzione si tramanda da generazioni di padre in figlio. La gestione poco meritocratica e l’azzardata entrata in borsa sono quindi da considerarsi tra le cause dello strangolamento finanziario che ha reso inevitabile la vendita delle aziende. La lista è lunga e non accenna ad arrestarsi, la birra Peroni divenuta sudafricana e il formaggio Galbani che, nonostante il tricolore sulla confezione, è ormai nelle mani di un gruppo francese, sono solo due esempi dei molti marchi dell’alimentare italiano passati in mani straniere.  Carapelli, Bertolli, Sasso, tre degli oli di oliva più venduti, fanno parte ormai da sette anni del gruppo spagnolo SOS.

Nome italiano, società straniere. Con questa tendenza le notizie in proposito sembrano passare in sordina; si pensi all’industria della moda, molti tra i nomi più prestigiosi sono ormai di società francesi. Con la vendita a società estere, il marchio di fabbrica delle imprese italiane da sempre caratterizzato dall’alta qualità delle loro produzioni, rischia la delocalizzazione dell’industria con la conseguente perdita di posti di lavoro.

La risposta del Governo è arrivata il giugno scorso approvando un decreto legge che prevede di «Rilanciare gli investimenti e facilitare l’accesso al credito». Basterà a salvare le attività del paese? O è necessario operare una rivoluzione del pensiero delle piccole e medie imprese? Salta alla mente quella frase del Gattopardo. Anche se qui non si tratta delle sorti della casta nobiliare, bensì del settore alimentare che rischia di perdere origini, qualità e posti di lavoro. Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi?

Letizia Morino
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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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