Stop del Parlamento europeo alla controversa proposta della Commissione sulle sementi.
La plenaria di Strasburgo ha respinto il testo quasi all’unanimità (15 sì, 650 no, 13 astenuti), condividendo la decisione già espressa il mese scorso dal voto in Commissione agricoltura del Parlamento europeo. «La nuova normativa sulla commercializzazione delle sementi sarà una delle più importanti voci nell’agenda del semestre italiano, che deve trovare il modo di regolare e mitigare un mercato che oggi penalizza in modo ingiustificato proprio coloro che proteggono quel patrimonio da cui attingono anche le grandi multinazionali» commenta Cinzia Scaffidi, direttore del Centro Studi Slow Food.
Il pacchetto di norme se approvato avrebbe comportato una mole di ulteriore burocrazia che sarebbe caduta sulle spalle degli agricoltori europei, in particolare su quell’agricoltura contadina che, dobbiamo metterci in testa, deve diventare il nostro futuro. Soddisfatto anche il Ministro Maurizio Martina, da poco a capo del dicastero delle Politiche agricole e forestali: «La decisione presa oggi dal Parlamento europeo ci soddisfa perché respinge una proposta di regolamento che mirava a unificare settori complessi e fortemente differenti tra loro come quelli delle sementi, del vivaismo frutticolo, del viticolo e del forestale. Ora diventa necessario lavorare a un nuovo progetto legislativo che dovrà essere ridisegnato completamente per rispettare le diverse situazioni dei vari settori coinvolti e portare miglioramenti reali per tutti i produttori, i consumatori e l’ambiente» dichiara il neo Ministro all’Agrapress.
L’iter ora richiede che la discussione passi al Consiglio, dove ci auguriamo che venga rispettata la chiara posizione espressa dal Parlamento (in alternativa potrebbe proporre al Parlamento un testo emendato, ma in ogni caso il testo rigettato dal Parlamento non verrà più considerato). È necessaria la massima nettezza contro l’aumento dei costi e di carichi burocratici che la proposta di legge sulle sementi prevede per piccoli moltiplicatori, contadini e vivaisti: se per vendere sementi richieste, molto spesso, solo sui mercati locali, si richiedono gli stessi adempimenti di una nuova cultivar di carote brevettate da un colosso olandese, è chiaro che non si ha una considerazione adeguata delle differenze e che non si decide con la necessaria equità, che deve temperare l’uguaglianza, affinché quest’ultima non diventi strumento di ingiustizia. «Bisogna incoraggiare, presso gli agricoltori, la registrazione – che è gratuita e semplice – delle varietà tradizionali; è uno strumento per conoscere la nostra biodiversità, ma anche per proteggerla, poiché quanto viene registrato non può più essere sottoposto a brevetto» aggiunge Scaffidi. «Ma allo stesso tempo è insensato mantenere il divieto di coltivazione – in areali e quantità limitati – di varietà non registrate. Bisogna riconquistare, anche a livello normativo, il senso della straordinaria importanza del patrimonio sementiero tradizionale».
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