Il sapore, vero, dei pomodori
Qualche anno fa, nella sezione “Retro Report”, il New York Times ha proposto un video storico, che riguardava il pomodoro geneticamente modificato Flav Savr, sviluppato dalla compagnia Calgene e immesso sul mercato nel 1994 – per poi esserne successivamente ritirato. Il video contiene, tra le altre, le immagini di una trasmissione televisiva dell’epoca. Un uomo mostra a una donna incuriosita e attenta due pomodori raccolti 30 giorni prima e non sottoposti ad alcun tipo di refrigerazione: il primo di essi è perfetto. Tondo, rosso fiammante, senza alcun segno di appassimento. Il secondo ha la pelle rugosa e un colore opaco. Evidentemente ha patito l’invecchiamento.
Facciamo un salto temporale di oltre trent’anni e arriviamo ai giorni nostri. La copertina dell’ultimo numero della rivista Science è dedicata a lui, al pomodoro. O per meglio dire a una moltitudine di pomodori. Il titolo in evidenza recita “Tastier Tomatoes”, e anticipa l’argomento della ricerca condotta da un nutrito gruppo di scienziati per progettare un pomodoro davvero perfetto: con consistenza, succosità e colore dei pomodori appena raccolti. E il sapore come quello dei pomodori di una volta.
Lo studio parte da questo presupposto: le varietà moderne dei pomodori in commercio sono in genere meno saporite rispetto alle varietà tradizionali. Nel tempo, infatti, la ricerca agronomica si è concentrata nel migliorare quei caratteri che determinano il successo commerciale delle diverse varietà: la resa, la resistenza alle malattie e la compattezza. Tutto ciò a discapito del sapore. Spesso, i pomodori che acquistiamo non sanno di nulla. Sembrano verdure finte, fin troppo perfette a vedersi, ma prive di sapore. Per porre rimedio a questa mancanza, il team di scienziati ha studiato i caratteri che influenzano maggiormente il sapore del prodotto, sequenziando l’intero genoma di 398 varietà moderne, tradizionali e selvatiche. Quindi ha selezionato 160 campioni di pomodoro, in rappresentanza di un centinaio di varietà, coltivandoli in laboratorio, raccogliendoli e sottoponendoli a un centinaio di persone per la degustazione. I partecipanti hanno votato i pomodori sulla base del gusto e, confrontando queste informazioni con la loro analisi genetica, si è arrivati a capire quali geni siano associati ai sapori graditi al pubblico.
Si sta profilando un nuovo futuro per uno dei frutti che la Fao annovera fra le colture di più alto valore al mondo? Forse sì. Un futuro costruito in laboratorio, completamente slegato dal territorio, e coperto da brevetto privato, come nel caso di tutti i prodotti geneticamente modificati. Per quanto ci riguarda, preferiamo sostenere un altro tipo di ricerca, ossia quella che i contadini svolgono da 10.000 anni selezionando i semi, conservandoli, moltiplicandoli e sviluppando varietà adatte ai vari territori e climi secondo princìpi di saggezza. Un lavoro che, nei secoli, migliora la resa, il gusto e i valori nutritivi delle colture, senza compromettere la biodiversità, ma al contrario, arricchendola via via di nuovi tasselli.
Esempi di queste colture sono catalogati nell’Arca del Gusto e fra i Presìdi Slow Food: il pomodoro platense argentino che, nonostante il suo sapore di gran lunga superiore rispetto ai pomodori commerciali, deve affrontare una forte competizione da parte di varietà ibride ad alta resa che possono essere prodotte durante tutto l’anno; il pomodoro Geraldton australiano il cui mercato si è notevolmente ridotto per via dell’avvento delle serre a Melbourne e Adelaide, che consentono la produzione di pomodori tutto l’anno; i pomodori rosa di Kurtovo Konare la cui sopravvivenza è minacciata dall’introduzione di varietà straniere con rendimenti più elevati e più adatte al trasporto dentro e fuori i confini bulgari; il pomodoro regina di Torre Canne, coltivato in asciutta e secondo le regole dell’agricoltura biologica nei campi pugliesi, ha trovato nei ciliegini da serra un concorrente commerciale pressoché imbattibile… Potremmo fare decine di esempi di pomodori che esprimono saperi, territori, storie e sapori. E il futuro dei pomodori vorremmo che fosse piuttosto questo: quello di una ritrovata dignità commerciale di varietà che sono naturalmente ricche di sapore.
Fonte Silvia Ceriani slowfood.it
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