Bibbona… La Rennes-le-Château italiana

Bibbona… La Rennes-le-Château italiana

Bibbona… La Rennes-le-Château italiana
Bibbona… La Rennes-le-Château italiana

Una chiesa, all’entrata del paese, che reca, sul portale d’ingresso, la scritta: “Terribilis est locus iste“; la mano di Leonardo nella progettazione di questo luogo sacro e la sua riproduzione in uno dei quadri più famosi del grande genio: “La Vergine delle Rocce“; un’altra chiesa, nel cuore del borgo medioevale, dedicata ai santi protettori dei Templari, S. Ilario e S. Bartolomeo, e misteriose pergamene ritrovate dentro l’altare; uno strano prete che cinquant’anni fa organizza una gita con i suoi parrocchiani a Rennes-le-Château; una misteriosa fortezza templare, ora scomparsa, e la presenza dei Cavalieri del Tempio sopra il paese; un popolo antico e misterioso, gli Etruschi, le cui presenze si trovano nelle fondamenta delle case del luogo… E poi ancora strani personaggi che abitano il paese, che narrano di antiche leggende e che adorano gli stessi Dei che circa 2500 anni fa adoravano le genti dell’Etruria…

Tutto questo e altri misteri ancora, sono elementi sufficienti per poter affermare che Bibbona, piccolo borgo collinare del primo entroterra della Maremma Livornese, è la Rennes-le-Château italiana.

Santa Maria della Pietà

La Chiesa di Santa Maria della PietàIl primo edificio “misterioso” che si trova entrando in Bibbona, è la chiesa di Santa Maria della Pietà con la sua scritta sul portale “Terribilis est locus iste“.

La chiesa, dalla particolare pianta a croce greca (rarissimo esempio in Toscana insieme a quello della chiesa di S. Maria delle Carceri a Prato, progettata da Giuliano di Sangallo nello stesso periodo) fu iniziata nel 1482 su progetto di Ranieri Tripalle e Vittorio Ghiberti e fu eretta, fuori dalle mura del borgo, per contenere un’antica immagine della Madonna a seguito di un miracolo: aveva salvato la figlia di un nobile locale dalle grinfie di un “bravo” longobardo di nome Agilulfo, soprannominato lo “Sparviero”.

 

Carta della Toscana OccidentaleDall’attribuzione del progetto di questa chiesa inizia il primo mistero. Uno fra i maggiori esperti mondiali di Leonardo da Vinci, il prof. Carlo Pedretti, dopo aver visionato la carta “Toscana marittima dal Serchio a S. Vincenzo“, presente fra i disegni del grande maestro attualmente custoditi nel castello di Windsor, ipotizzò che la mano di Leonardo avesse perlomeno contribuito alla costruzione della chiesa. Se, peraltro, osserviamo il disegno stesso di Leonardo vediamo che sono riportati tutti i borghi di quella parte della Toscana compresa fra il fiume Serchio e S. Vincenzo, ma l’unica chiesa che vi è rappresentata è quella di S. Maria della Pietà di Bibbona. Ciò perché egli stesso l’aveva progettata o, comunque, aveva contribuito alla sua progettazione? Perché Leonardo avrebbe dovuto dedicarsi alla progettazione di una chiesa posta fuori le mura di un piccolo borgo della Maremma Toscana? Perché la ritenne così importante, da riportarla, unica chiesa, nella sua mappa? Forse questa chiesa aveva, per Leonardo, un significato particolare non solo per il ruolo che egli aveva avuto nella progettazione, ma anche per i misteri che in essa erano celati. Il La Vergine delle RocceDr. Pedretti azzarda un’ulteriore inquietante ipotesi. Secondo lo storico dell’arte, nel dipinto della “Vergine delle Rocce” di Leonardo, che si trova in una collezione privata in Svizzera, la collezione Cheramy (di questo quadro ne esistono altre 2 copie più famose, la prima si trova in Inghilterra al British Museum e la seconda in Francia al Louvre), la chiesa rappresentata sullo sfondo potrebbe essere proprio la chiesa di Santa Maria della Pietà di Bibbona. Provate a pensare a quale rilevanza avesse questo edificio religioso se davvero in uno dei quadri più importanti e più famosi di Leonardo sia rappresentata, tra le migliaia di chiese che egli ha visitato, visto , studiato, dipinto, progettato proprio Santa Maria della Pietà.

La cosa più misteriosa di questo edificio rimane comunque la scritta sull’architrave del portale principale, a meridione: “Terribilis est locus iste ets“. Si tratta della stessa frase che ritroviamo sul portale della chiesa di un piccolo paese della Linguadoca dove i misteri si sprecano: Rennes-le-Château. Sull’architrave di un altro portale, quello del braccio est della chiesa, è riportata un’altra frase che si rifà al passo biblico della Genesi di cui fa parte la scritta sopra riferita, ed è testualmente “Haec est Domus Dei et porta coeli“. Giacobbe, infatti, quando si sveglia dal sonno durante il quale aveva sognato una scala che arrivava in Cielo, con gli angeli che salivano e scendevano ed alla cui sommità si trovava Dio, pronuncia la frase: “Quanto è terribile questo luogo. Questa non è altro che la casa di Dio e questa la porta del cielo”.

All’inizio la chiesa era sotto la giurisdizione della Badia dei Magi, abbazia di monaci poco distante dal paese. Venne poi costruito anche un monastero, annesso alla parte settentrionale della chiesa, retto dai Canonici di San Pietro che seguivano la regola Agostiniana.

Sul finire del XVI secolo fu chiesta, a seguito di una visita di alcuni legati del Vescovo, l’immediata soppressione di questo ordine locale ed i monaci vennero accusati di apostasia. Ora è noto che in queste zone della Toscana vi erano ancora diverse correnti eretiche, fra cui i Catari. Fu deciso, pertanto, di dare il monastero e la chiesa ai Vallombrosiani. Questi fecero erigere una pala sull’altare nella quale è rappresentato S. Bernardo di Chiaravalle, protettore dei Templari dei quali compose la Regola.

All’interno della chiesa si trova inoltre una strana lastra sepolcrale, posta sul pavimento quasi al centro della chiesa stessa. Potrebbe trattarsi di un Cavaliere del Tau poiché sulla lapide è posto il simbolo del Tau con un bastone a fianco (simbolo dei pellegrini protetti da questi cavalieri), ma la stranezza è che l’anno della morte della persona sepolta all’età di 25 anni, riportato sulla lapide, è 1604, mentre l’ordine cavalleresco fu soppresso definitivamente nel 1587. Potrebbe altrimenti trattarsi di un “medico alchimista” poiché sulla lastra è inciso un sole con i raggi che ruotano in senso antiorario, il cosiddetto “sol niger“.

 

Il podere S. Giovanni

 

Il Podere San GiovanniIl luogo di Bibbona che ci fa percepire la presenza dei Cavalieri del Tempio è una fattoria sulle colline che dominano il paese e dalla quale si ha una vista magnifica sulla parte più antica del borgo.

 

Probabilmente l’attuale podere S. Giovanni, la cui origine è sconosciuta, era adibito nel periodo medioevale in parte a “mansio” (n.d.a.: fattoria) e monastero ed in parte ad ospedale per i pellegrini che percorrevano la Via Francigena.

La singolarità del luogo, oltre al nome e alla posizione, è data dalle due teste umane in pietra collocate sotto il tetto della parte più antica del fabbricato rurale, che potrebbero rappresentare le teste dei due santi decollati, S. Giovanni Battista e S. Giacomo Maggiore, tanto cari ai Cavalieri Templari. È interessante notare che lo stemma antico di Bibbona era bipartito e nella parte superiore era rappresentata una testa, la cui identità non è mai stata accertata.

Più tardi, l’ospedale entrò a far parte dei beni di S. Lazzaro di Volterra dell’Ordine dei Cavalieri Gerosolomitani ai quali, com’è noto, furono assegnate le proprietà dei Templari dopo la soppressione dell’Ordine.

L’Arco di Bacco

L'Arco di BaccoIl monumento forse più affascinante e misterioso di Bibbona, dopo la chiesa di Santa Maria della Pietà, è l’Arco di Bacco della cui origine e funzione, ancora nessuno è riuscito a dare spiegazione.

Alcuni sostengono si tratti di una specie di edicola votiva; altri lo ritengono l’entrata di un antico monastero. Le sue dimensioni inducono anche a pensare che possa trattarsi della parte superiore dell’entrata di una costruzione fortificata. A rafforzare tale tesi vi è la recente scoperta dei disegni e degli affreschi che sono affiorati sulla parete di fondo e che rappresentano, sul lato destro, un nobile o un cavaliere in ginocchio ed uno strano “giglio araldico” sull’altro lato.

Rimane da decifrare anche lo strano simbolo scolpito sulla volta dell’Arco raffigurante una spiga oppure il gambo di un fiore sormontato da una croce patente (simbolo templare) racchiusa in un cerchio dentellato (che potrebbe rappresentare un sole con i suoi raggi).

Una possibile chiave di lettura dell’edificio, è fornita da un importante “documento”, un quadro di Alessandro Sei. Collocato all’interno della chiesa di S. Ilario, sulla navata sinistra, il dipinto raffigura una veduta di Bibbona del Seicento. Probabilmente si tratta della “mappa” più antica esistente di questo paese. Oltre le mura della città, sulla destra, l’autore dipinge una struttura che fa pensare ad una rocca circolare posta davanti ad un altro edificio, più alto. Se facciamo le proporzioni con il resto del paese queste edificazioni dovevano essere sicuramente molto importanti, erano addirittura fortificate. Per avvalorare l’ipotesi della fortezza sul luogo dell’Arco di Bacco, è stata confrontata la base interna dello stesso, che è 3.65 metri, con la base del Torrione del Rivellino di Piombino, che misura 3.80 metri: hanno circa le stesse misure. L’Arco di Bacco, quindi, potrebbe essere la parte superiore dell’accesso della rocca che stava al di fuori delle mura di Bibbona e poteva più o meno raggiungere i 10 metri di altezza. Ed erano forse cavalieri coloro che abitavano questa rocca? Chi erano? Forse la risposta sta nella croce “templare” scolpita sull’archivolto.

La Pieve di Sant’Ilario

 

La Pieve di Sant'IlarioNel nucleo urbano del castello, davanti alla più antica pieve di Sant’Andrea, la cui struttura, inglobata in un più ampio edificio, oggi è ancora visibile, già dal 1154 esisteva la Pieve di Sant’Ilario. Attualmente questa appare ampliata a seguito di alcuni interventi quattrocenteschi, ma la facciata ed il muro di destra sono originali e presentano alcune particolarità che li rendono preziosi ai fini dello studio delle tracce templari.

 

Il primo di questi particolari è costituito da una croce graffita sulla sinistra del portale di ingresso. La collocazione è già di per sé significativa perché indica il tipo di “gestione” dell’edificio sacro. Unitamente al popolo bibbonese, curava le necessità della chiesa anche qualcuno che si segnala con una croce i cui bracci terminano con una sorta di tridente, ossia con la patte d’oie simbolo della Languedoc. Il collegamento con l’Ordine del Tempio sembra, pertanto, inevitabile. Anche sul muro esterno della fiancata destra si trova una croce templare.

Altro elemento che riconduce ad una presenza templare nella chiesa è il fatto che sia dedicata a due santi cari ai Templari: Ilario e Bartolomeo. All’interno della chiesa è conservato un dipinto di Alessandro Sei che raffigura due santi in preghiera per il castello di Bibbona, riconoscibile al centro del quadro. Sono i due protettori della comunità, Sant’Ilario e San Bartolomeo, l’uno tradizionalmente festeggiato il 14 gennaio e l’altro il 24 di agosto. Sant’Ilario è il vescovo Ilario (Hilaire) di Poitiers la cui festa cadeva il 14 gennaio. Si tratta di un protettore dell’Ordine del Tempio poiché proprio il 14 gennaio del 1128 nella città di Troyes era stata approvata la Regola Templare e, da quell’evento, il santo fu considerato patrono dei cavalieri crucesignati. Nome e date, dunque, coincidono: l’Ilario templare veniva festeggiato il 14 gennaio, l’Ilario di Bibbona lo stesso giorno. I Cavalieri attribuivano, inoltre, a San Bartolomeo, di cui possedevano il braccio traslato in Occidente dopo la sconfitta di Acri, un particolare culto. L’abbinamento dei due Santi, che altro collegamento non hanno se non la devozione templare, dovrebbe costituire una prova assai importante dell’intervento rossocrociato nella dedicazione del sacro edificio e, di conseguenza, una prova della presenza dell’Ordine dei Milites Templi nel territorio e nel castello di Bibbona.

Molto interessante è l’acquasantiera conservata nella Pieve. Di forma ottagonale, si presenta con due facciate occupate da protomi leonine; nelle restanti sei facciate, troviamo un volto di uomo barbuto seguito da un secondo uomo glabro e, quindi, da una rosa a cinque petali. Nella sua iconografia, S. Giovanni Evangelista viene sempre rappresentato con volto di bambino dai lineamenti quasi femminili, dunque il viso glabro può essere associato proprio alla sua figura. Il volto barbuto può essere invece associato a San Giovanni Battista, sempre raffigurato come l’uomo del deserto con la barba incolta e vestito di pelli. Un’altra facciata dell’acquasantiera è dedicata ad un leone passante, e non rampante, come quello dello stemma di Bibbona. Il leone passante è un simbolo importante per i Templari. Un’altra iconografia prediletta dai Templari è l’Agnello crocifero che sembra riprodotto in evidente contrasto con il leone: la mitezza dell’agnello sacrificato contro la forza brutale; Cristo contro il peccato. Infine abbiamo l’ultima facciata dell’ottagono, la più interessante, in cui il simbolo rappresentato ricorda una ruota. Si tratta, in realtà, di una croce patente artatamente spianata per non apparire come tale, ma per essere scambiata per altro.

Lo stesso occultamento iconografico è avvenuto anche per un altro oggetto di ipotetica natura templare custodito nella stessa chiesa. Su una lastra di marmo posta a coronare un pilastro della navata sinistra è possibile notare, con un po’ di attenzione, una scultura molto danneggiata in cui due cavalieri sono posti uno di fronte ed uno di fianco. Quando nel XV secolo venne completato questo lato della chiesa i costruttori vi inserirono un più antico elemento architettonico smontato forse dalla vecchia muratura. Probabilmente però i due cavalieri rappresentati mostravano qualche particolare riconducibile all’Ordine del Tempio dei quali, a seguito della sospensione, era impossibile mantenere nel luogo sacro l’immagine eretica e blasfema. Si può quindi ipotizzare che il marmo sia stato “ripulito” scalpellando i particolari riconoscibili come templari. L’operazione rientrava nelle pratiche della damnatio memoriae.

Un tesoro templare?

Anche in questa zona, come a Rennes-le-Château, si parla dell’esistenza oppure del passaggio di un tesoro templare.

In un mio precedente articolo, pubblicato sul n. 3 della rivista “Graal” (Hera Edizioni), dal titolo “Itinerari del Graal nella Toscana Occidentale“, affermo che, molto probabilmente, i misteriosi cavalieri che avevano riparato nella Rocca di S. Silvestro, vero “nido d’aquila” tra i monti a pochi chilometri da Bibbona, altro non erano che Templari rifugiatisi lassù probabilmente per nascondersi oppure per nascondere qualcosa. Una studiosa di segni templari, Anna Giacomini, nel suo libro intitolato “Enigma templare – Sator” (Edizioni Arktos) si spinge più oltre ed arriva ad ipotizzare che nella rocca sia stato nascosto dai Templari, per un certo periodo di tempo, un tesoro.

La Rocca venne poi improvvisamente abbandonata dai suoi “abitanti”, forse perché non ritenuta più sicura. Questi potrebbero essere scesi verso la costa portando con sé il tesoro in qualche commanderia templare reputata più protetta. Una di queste, forse la più vicina, vista la presunta presenza di diversi insediamenti templari nello stesso paese, potrebbe essere stata quella di Bibbona.

Uno strano prete

Anche a Bibbona, come a Rennes, uno “strano” prete, anzi due, hanno abitato il paese. Nel 1882 fece rientro al suo paese natale per passarvi gli ultimi anni della sua vita, il Canonico Gaetano Righi. Questi lasciò giovane la natia Bibbona per iniziare la carriera ecclesiastica fino a diventare “cameriere segreto di Sua Santità Leone XIII”, come sta scritto nella lastra di marmo posta nel cimitero del paese. Bérenger Sauniére, il misterioso parroco di Rennes-le-Château, fece apporre lo stemma araldico di questo Papa sul portale della chiesa della cittadina francese, probabilmente ad indicare i buoni rapporti con questi. Poiché si narra che Sauniére dialogasse direttamente con la Santa Sede, potrebbe essere accaduto che il Righi sia venuto a conoscenza o addirittura in possesso della corrispondenza fra il Papa Leone XIII ed il parroco francese oppure si sia indebitamente appropriato di documenti antichi inviati al Pontefice e se ne sia impossessato (le recenti vicende del “corvo” in Vaticano insegnano) e abbia portato e nascosto tutto nella sua Bibbona.

 

Don Luigi Piazzi Circa settant’anni dopo, nel 1957, il parroco del paese, Don Luigi Piazzi organizza una gita con i suoi parrocchiani per visitare alcune chiese del sud della Francia, fra le quali (inspiegabilmente) quella di Rennes-le-Château. Perché un sacerdote della Maremma Livornese, a detta di alcuni “un tipo strano”, porta, negli anni Cinquanta, in gita i suoi parrocchiani in un paesino della Languedoc vicino ai Pirenei e sconosciuto a tutti? Sono tante le ipotesi suggestive, ma forse quella più accreditata è quella che abbia trovato documenti o altre tracce lasciate dal canonico Righi e abbia notato (come forse aveva già notato il Righi) le similitudini fra i due paesi, tanto da convincerlo a organizzare il viaggio a Rennes. Don Piazzi fu il prete che fece restaurare e in parte modificare la secolare Pieve di S. Ilario e potrebbe aver trovato in questo luogo i documenti nascosti dal Righi unitamente ad altre tracce, come le famose pergamene, trovate in una cavità dell’altare, di cui parlano gli anziani del posto e che legherebbero i due paesi.

Concludendo, Bibbona ha tutte le caratteristiche per essere considerata la Rennes-le-Château italiana. Rimane uno scrigno di misteri che aspettano da secoli di essere svelati.

Fonte http://www.angolohermes.com/  autore Alberto Cavazzoli

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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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