La tradizione di fare le bottiglie (salsa di pomodoro)

Fare le bottiglie, ovvero conservare la salsa di pomodoro, è una tradizione che ricordo da quando ho memoria ed era per noi bambini occasione di festa.

fare le bottiglie
fare le bottiglie

Da piccola, pur abitando in paese, un mio vecchio zio, fattore e tuttofare di una signora di campagna,si guadagnava anche un enorme quantitativo di pomodori da conservare nelle bottiglie. Un altro buon quantitativo veniva acquistato e, soprattutto per noi bambini, “fare le bottiglie” era giorno di festa, di riunione della famiglia in ferie che ospitava anche parenti  lontani che tornavano nella casa paterna per l’estate.

Si iniziava la mattina all’alba nel cucinone di mia zia e anche se si faceva attenzione a non svegliare noi bambini, soprattutto perché eravamo più d’intralcio che d’aiuto, già al primo chiacchiericcio, al primo rumore di bottiglie che sbattevano tra di loro, saltavamo giù dal letto per essere pronti a vedere l’inizio.

Osservare le donne di casa che maneggiavano con cura i pomodori, aveva un che di ipnotico: passavano la parte liscia del coltello su tutta la superficie per facilitare il distaccamento della pellicina, praticavano un taglietto e da lì iniziavano a spellare per poi togliere i semi, l’allacciatura del picciolo e le parti rovinate, il tutto accompagnato dal pettegolezzo che ognuna di loro non vedeva l’ora di riferire e generalmente non si risparmiava nessuno dall’essere oggetto di chiacchiere, con tanto di minaccioso ammonimento a noi piccoli di punizione severa ed esemplare se ci fossimo lasciati sfuggire qualcosa… ma figuratevi a noi cosa importava di quel che dicevano i grandi!

Poi si facevano a pezzi e si mettevano in un grande catino. Quando si arrivava ad averne spellate un bel po’, una di loro iniziava ad imbottigliare: metteva un imbuto dalla bocca larga nel collo della bottiglia, lo riempiva di pezzi di pomodoro e con una canna scelta da mio zio, iniziando della quantità giusta a spingere i pezzi dentro la bottiglia, riempiendola fino all’orlo perché poi, facendola riposare prima di tapparla, l’aria che era dentro se ne andava e la salsa “calava” diventando della quantità giusta.

Una volta riempite tutte le bottiglie, si tappavano e si disponevano dentro un calderone di alluminio che generalmente veniva ricavato da un bidone tagliato, che veniva messo su un treppiedi o sopra mattoni per tenerlo sollevato, si riempiva  di acqua e si accendeva un fuoco sotto perché arrivasse a bollore. Se le bottiglie erano poche, per farle bollire si usava l’enorme camino di zia, se erano tante si facevano bollire all’aperto, riparando la fiamma da altre lamiere e stando molto attenti alle scintille.

bidone di latta

Questa era la parte che ci piaceva di più perché nel fuoco acceso sotto il bidone, potevamo cuocere i pupi, le pannocchie tenere di grano turco.

pannocchie di grano turco
pannocchie di grano turco

Il fuoco si alimentava fino a che non arrivava a bollore, poi si lasciava spegnere perché il calore era così alto che bastava a sterilizzarle.

Una volta raffreddate, si toglievano dal calderone stando attenti ai vetri di qualche bottiglia che inevitabilmente “scoppiava” durante la bollitura e si riponevano in dispensa, distribuite proporzionalmente alle famiglie che avevano contribuito.

fare le bottiglie
fare le bottiglie

In genere, nella giornata dedicata a questa tradizione, si mangiava bene… o almeno io ricordo così: c’era la pasta fatta in casa, c’era il pomodoro fresco e soprattutto c’era tanta gente allegra intorno al tavolo.

spaghetti

P.S. abbiamo continuato a conservare i pomodori a pezzi finché mio zio non ha costruito una macchina per macinarli, usando il motore di una vecchia lavatrice. Da quel giorno il lavoro è stato più veloce ma l’allegria è stata sempre assolutamente la stessa.