Pollo con olive e peperoni

Questa ricetta ha ispirato un racconto che ha poi vinto un concorso letterario. Di seguito ricetta, foto e racconto! 🙂

Kotopulo me eliès ke piperiès

“Vede, spesso si cucina seguendo alla lettera una ricetta, con le sue dosi e i suoi tempi, eppure non è questo il modo per cucinare bene. Saper preparare piatti gustosi è un’arte paragonabile allo scrivere, al dipingere o allo scolpire… Posso affermare che lei sta per assistere alla creazione di un capolavoro”.
Com’ero capitata lì? Ancora non ci credevo: poche ore prima mi godevo il sole e la vista di stupende coltivazioni di ulivi in un campo dietro la casetta che avevo preso in affitto per le mie solitarie vacanze in Grecia, e adesso stavo seduta nella cucina di uno sconosciuto che mi aveva sorpreso a fotografare il paesaggio. Disse che era il mio vicino di casa e che si chiamava Vladimir, poi con la scusa che anche lui era straniero e solo mi aveva invitato da lui per un caffè. Fare la sua conoscenza fu un aspetto molto intrigante del mio soggiorno lì. Inizialmente pensai che fosse in cerca d’avventure, ma nonostante i rischi di una tale evenienza la sua conversazione, i suoi modi, nonché il suo amabile aspetto, mi convinsero che, in fin dei conti, tutto ciò avrebbe spezzato la monotonia delle mie vacanze.
Mi mostrò tutta la casa, fino alla tanto temuta camera da letto: il mio istinto mi mise in guardia da tutti i fronti; tuttavia, una volta entrati ed esaminato ogni maschera africana e statuetta indiana collezionate, mi chiese semplicemente di rimanere per cena. Il pretesto fu dato dal fatto che si era guastato il frigo e doveva per forza cucinare quel pollo regalatogli da un tale, contadino della zona.
E adesso lo ascoltavo quasi rapita, mentre mi spiegava come si cucinava alla maniera dei greci: “Intanto il pollo va tagliato a pezzi, né grossi né piccoli: il commensale non deve faticare con coltello e forchetta mentre lo gusta ma d’altra parte non stiamo preparando un piatto cinese e non dobbiamo perder tempo a sminuzzare. Si scalda l’olio fino alla temperatura per cui graziose bollicine salgono dal fondo della pentola. Si soffrigge il pollo fino a dorarlo, si aggiunge la cipolla tritata e i peperoni a cubetti, il sale, il pepe e il timo. Ora, mentre riguardo agli altri ingredienti ci sono ragionevoli dosi da rispettare, ecco che per il timo si può fare un’eccezione. Generalmente per due persone ne basta una manciata, ma è comunque una misura approssimativa. Una manciata mia rappresenta una quantità maggiore d’erba che non se fosse lei a cucinare”.
Mi prese la mano e misurandola con la sua mi sussurrò: “Vede com’è piccola?”. La testa mi girava e feci per mettermi a sedere quando si fermò e mi disse:
“No, aspetti. Vorrei che decidesse lei la dose per stasera”.
Avvicinandomi alla pentola mi trovai di fronte uno spettacolo meraviglioso: il pollo, le cipolle e i peperoni, ormai presi nella trama oleosa del sugo di cui, secondo dopo secondo, entravano sempre di più a far parte. Come una bolgia di dannati reclamavano gli altri ingredienti per porre fine alle loro sofferenze. Vladimir mi porse il sacchetto contenente l’erba aromatica, vi infilai la mano e le foglioline secche e irte mi punzecchiarono le dita. Ne presi una bella manciata e la gettai fra i liquidi infernali della pentola.
“Bene, ora alzeremo la fiamma e li irroreremo con un bicchiere di vino rosso. Lo lasceremo evaporare e aggiungeremo per ultimi i pomodori e le olive nere. Ai pomodori io lascio la buccia perché mi sembra di mancar loro di rispetto a spogliarli in punto di morte. Probabilmente qualcuno meno sensibile userebbe pelati in scatola e il gusto resterebbe invariato. Le olive nere sono di quelle salate, essiccate in forno, e vanno messe per ultime perché non devono disfarsi troppo. A questo punto abbiamo finito. Lasciamo fare tutto a loro, dentro la pentola, e lei venga con me”.
Risvegliata dall’imbambolamento nel quale ero piombata mi alzai in piedi e chiesi: “Perché?”. “C’è da apparecchiare la tavola, vorrebbe gentilmente aiutarmi?”.
Rossa come uno dei peperoni che Vladimir aveva buttato in pentola lo seguii e lo aiutai in silenzio.
Dopo poco tutto fu pronto: apparecchiato per due e la pentola in tavola. Il kotopoulo me eliès ke piperiès aspettava solo di essere mangiato. Vladimir mi fece sedere e me ne servì una porzione. Il vapore si elevava lentamente dai piatti e l’aroma solleticava i nostri nasi, facendoci salire l’acquolina in bocca.
“Allora, buon app…”. Rimasi a metà della frase perché lo spettacolo che mi si rivelò davanti mi freddò completamente: una maschera grottesca sulla dolce espressione boschiva di Vladimir, una luce folle negli occhi, la bocca semiaperta in un sorriso malizioso… ebbi paura, mai avevo visto tanta bramosia in un uomo. Tuttavia non ero io l’oggetto dei suoi desideri: in quel momento il pollo mi parve l’innocente vittima di un De Sade culinario, e la forchetta lo strumento delle sue torture.
Iniziò a mangiare con una tale ingordigia da farmi credere che più tardi sarebbe passato a me… In quale modo mi avrebbe cucinato non mi azzardai neanche a pensarlo.
Quando ormai era quasi a fine del proprio pasto spostò lo sguardo dal piatto a me: “Ma non mangia nulla?” chiese. “Oh, è che… non ho molta fame” balbettai.
In breve Vladimir si mangiò tutto il pollo rimasto nella pentola e vedendo che il mio stava andando sprecato si sacrificò per me e si offrì di finire anche quello.
Al termine della cena magicamente tutto tornò come prima, l’incantesimo del kotopoulo era svanito e così dopo un altro caffè e una sigaretta la conversazione riprendeva tranquilla.
“Si è fatto tardi, dissi fingendo uno sbadiglio, sarà meglio che vada”.
“Ma no, aspetti, cioè, aspetta”. Disse lui e aggiunse: “Ormai possiamo darci del tu, non credi? Sai che in camera mia ho una stupenda collezione di farfalle, vuoi che te la mostri?”. Scoppiai in una grossa risata. Tutt’a un tratto mi apparve talmente ridicolo e prevedibile che tutto il fascino attribuitogli poche ore prima cadde in un comico finale. Declinai l’invito ancora in preda al riso, dicendo che ero stanca e volevo andarmene a letto.
“Lascia che ti accompagni fino a casa” insistette lui.
“No grazie, lei ha fatto fin troppo per me oggi” risposi io.
Mi avvicinai alla porta, l’aprii e mi eclissai nell’oscurità con un: “Buonanotte e grazie ancora”.
Nei giorni successivi non lo rividi più in giro, chissà, forse era tornato nel suo paese, qualunque esso fosse stato, o forse mi evitava, fatto sta che appena giunsi alla mia casetta bianca sperduta tra gli ulivi mi appuntai la ricetta del kotopoulo me eliès ke piperiès e ancora oggi è il piatto più richiesto nelle cene con gli amici.

Kotopoulo me elies ke piperies
(Pollo con olive e peperoni)

Dosi per 2 persone:
un pollo, 2 peperoni rossi, una tazza di olio di oliva, timo, 1 cipolla tritata, 100 g di olive nere essiccate, 2 pomodori maturi, sale e pepe, 1 bicchiere di vino rosso

3 Risposte a “Pollo con olive e peperoni”

    1. Grazie! 🙂
      La combinazione degli ingredienti è particolarmente azzeccata e a volte l’ispirazione si nasconde nelle cose più semplici!

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