Cucinare è un atto d’amore perché lo si fa per gli altri

Amore

Cucinare è sicuramente un atto d’amore, lo è ancora di più se lo si fa per gli altri.

L’amore è altruismo, l’amore è impegno costante, l’amore è cura dei dettagli, l’amore è passione, l’amore è tutto ciò che è anche cucinare.

L’impegno che mettiamo nel cucinare, l’accortezza che si ha quando si crea un piatto può essere paragonata alla stessa accortezza e allo stesso impegno che poniamo quando amiamo qualcuno.

L’amore, nel senso più ampio del termine, necessità di creatività, di passione, di “rivoluzione”; la stessa creatività, passione e “rivoluzione” che riscontriamo nella cucina. Cucinare per gli altri è la massima forma di altruismo. Tutto inizia dal principio, dall’idea. Si pensa ad un ingrediente, si sceglie di cucinare un piatto appositamente per l’altra persona.

Cucinare può perciò essere inteso anche come un atto di conoscenza degli altri. Sapere esattamente cosa cucinare e come farlo in base a chi si avrà poi di fronte a tavola, è un ottimo esercizio di verifica della conoscenza; un vero e proprio atto d’amore. L’atto d’amore in sé, però, sta proprio nella preparazione del piatto: impegnarsi a capire quali sono gli ingredienti perfetti, la modalità di cottura adatta, l’accostamento di sapori idoneo, sono questi i passaggi che fanno della cucina un atto d’amore per gli altri.

Credo che la mole d’impegno, fisico e spirituale che si pone in cucina è pari all’impegno che due amanti pongono per portare avanti la propria storia d’amore. L’arte di cucinare come quella di amare necessita di creatività ed inventiva dall’inizio alla fine. Ma soprattutto necessita di due parti complementari che insieme fanno sì che l’atto in sé possa esistere.

Cucinare senza nessuno che possa assaggiare ed apprezzare i nostri piatti non avrebbe senso; sarebbe come dare amore senza riceverne.

Allora mi chiedo: si può amare da soli?