Introduzione ai vini Italiani

Prima di intraprendere la trattazione dei vini e dei liquori vorrei precisare che anzitutto sono  una amatoriale di vini e che prima di giungere alle conoscenze attuali in materia mi sono documentata.
Il mio intento è quello di farvi nascere la curiosità di voler saper qualcosa in più e se magari avete degli appunti da farmi su un determinato argomento non esitate a contattarmi, io sarò ben lieta di discuterne volentieri. Il vino è una realtà in continua espansione ed è quindi impossibile fermarsi a poche spiegazioni. Fatta questa premessa intraprendiamo insieme questo percorso.

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Viene spontaneo chiedersi chi sia stato per primo a fare il vino! Purtroppo non ci è stato ancora detto dalla storia. L’ unica cosa che sappiamo è che l’uva esiste da almeno due milioni di anni.
Le tecniche per produrlo sono arrivate molto più tardi, ma è certo che dovunque l’uomo cogliesse dei grappoli d’uva e tantasse di conservarli in un recipiente capace di trattenerne il succo faceva inconsapevolmente il vino. Avrà bevuto quel succo, traendone conforto e senso di benessere, e avrà capito a poco a poco come poteva ottenere maggiori quantità di quel liquido miracoloso che si formava semplicemente perchè il peso dei grappooli superiori schiacciava quelli inferiori.
Le prime tracce dei vinaccioli sono state trovate in scavi archeologici in Turchia, databili con buona sicurezza fra il 7000 e 5000 anni a.C. Esistono nel mondo oltra quaranta tipi di vite. Tutti conosciamo la vite americana che si arrampica su pareti e pergole per tingerle di rosso smagliante ogni autunno: è l’esempio più diffuso che abbiamo a disposizione per capire la differenza tra una vite non fruttifera e la Vitis vinifera , portatrice di vino, l’unica in grado di condensare una quantità di zucchero pari ad un terzo del peso di ogni acino. Oggi conosciamo in tutto il mondo molte varietà di uve bianche e rosse, diverse tra loro, che danno vini altrettanto diversi, perfino quando la stessa pianta viene coltivata in zone non molto lontane.
La realtà è che un ceppo di vite trasferito da una zona a un’altra riesce, nel giro di poche stagioni, a trasformarsi in qualcosa di completamente diverso tanto da crare una pianta addirittura irriconoscibile. Questo è il motivo per cui oggi esistono migliaia di vitigni cosiddetti autoctoni, cioè nati sul posto.
Si tratta con ogni probabilità di lontanissimi discendenti di uve antiche completamenti trasformati nel tempo e dalle condizioni ambientali. Il problema che ha afflitto i produttori di vino è sempre stato quello riguardante la conservazione. Anche quando le conoscenze scientifiche non erano in grado di dare le dovute spiegazioni, si era compreso che se il vino rimaneva a contatto dell’aria inevitabilmente perdeva in qualità. Era quindi necessario  evitare questa spiacevole situazione; la rivoluzione determinante si ebbe nel Settecento, quando in aiuto delle bottiglie arrivò la scoperta del sughero. I contenitori di vetro esistevano già da molto tempo, innovazione tutta italiana che aveva introdotto un nuovo modo di servire il vino a tavola. Più tardi la produzione delle bottiglie si diffuse in Francia, in Germania e nelle Fiandre. Solo dopo il Seicento vennero usati i primi tappi di sughero e, subito dopo ,il  cavatappi, arnese indispensabile per l’apertura della bottiglia.
Col tempo la forma delle bottiglie andò modificandosi, assumendo caratteristiche uguali per tutti: ad oggi i formati classici sono sei.
BORDOLESE: tipica bottiglia della zona di Bordeaux, in tre colorazioni, marrone per i vini da invecchiamento, verde per i vini rosati e rossi da bere in età giovane, chiaro per i vini bianchi. La sua forma cilindrica, con fondo concavo, si restringe alla sommità a formare un collo lungo di circa 8cm. Molto diffusa in tutto il mondo.
BORGOGNONA: caratteristica della Borgogna, in vetro verde scuro, marrone o nero, usata per i vini rossi da grande invecchiamento.
RENANA: originaria della regione del Reno, usata per i vini bianchi; in verde chiaro e di forma affusolata e slanciata.
ALBEISA: molto simile alla borgognona, nata nelle Langhe piemontesi, di colore scuro usata all’inizio per i rossi piemontesi poi si è diffusa in molte parti del territorio nazionale.
FIASCO: di origine toscana, in vetro chiaro, con forma panciuta e un collo lungo, un tempo rivestita in paglia oggi in plastica. E’ il recipiente tradizionale del Chianti, tuttavia nel corso degli ultimi anni è stata sostituita da bottiglie simili alle Bordolesi.
CHAMPAGNOTTA: come dice il nome stesso è originaria della Champagne, prende la forma dalla Borgognona, ma è realizzara con un vetro più pesante in grado di resistere alla pressione interna del vino spumante.

Altre forme di bottiglia sono in uso per specifici vini come il Marsala, il Porto, il Tokaj ungherese e per certi passiti.
Ovviamente per gustare pienamente un vino, il bicchiere ha un’ importanza sostanziale: la forma e la materia con cui è fatto devono essere subordinate alle esigenze del vino.
La  prima fase di degustazione del vino, è l’analisi visiva, che non è solo di pertinenza agli assaggiatori professionisti.Tutti i commensali hanno il diritto di poter osservare il vino che si apprestano ad assaggiare e di apprezzarne la limpidezza ed il colore. Del resto dobbiamo considerare che offrire un vino in modo che lo si possa ammirare è anche un atto di rispetto e di considerazione per chi lo ha prodotto.
La prima regola di un bicchiere da vino, sia esso bianco o rosso o spumante, è il gambo lungo, che non ha solo una funzione estetica ma anche pratica. Se infatti il cristallo trasparente consente la prima analisi visiva, la seconda è quella olfattiva, così la mano che regge il bicchiere deve essere a dovuta distanza dal naso per non disturbare il profumo del vino.  I bianchi esigono linee slanciate, a forme di tulipano. I rossi preferiscono invece bicchieri di forma più tonda, i rossi importanti, di invecchiamento devono essere seviti in grandi coppe in grado di offrire un’ampia superficie di vino al contatto con l’ara, allo scopo di ossigenarlo e di fargli sprigionare tutte le sue qualità aromatiche. I vini spumanti secchi, sono spumanti ottenuti per rifermentazione di vini già portati a secco, che hanno cioè già completato la fermentazione alcolica e quindi consumato tutti gli zuccheri. A questo punto il vino viene imbottigliato con l’aggiunta del liqueur de tirage, una miscela di vino, zucchero e lieviti selezionati in grado di far partire la rifermentazione in bottiglia la quale dura da uno a due mesi. Il vino rifermentato presenterà un tasso alcolico superiore a quello di partenza e la presenza di anidride carbonica darà vita alle famose bollicine. Il più conosciuto e prestigioso tra i tanti è indubbiamente lo Champagne  ma che gli Spumanti italiani metodo classico (corrispondente al metodo francese champenoise e prevede la rifermentazione in bottiglia), vanno serviti nei calici alti e stretti, che permettono di osservare l’intesità e la velocità delle bollicine. La classica coppa bassa e larga va riservata solamente agli spumanti dolci, quali il Moscato o l’Asti Spumante, per coglierne l’intensa fragranza.
I vini liquorosi, come il Passito di Pantelleria, il Marsala o il porto, vogliono invece un bicchiere piccolo ristretto verso l’alto.
La degustazione dei vini avviene in tre momenti distinti. Il primo è quello dell’analisi visiva, per cogliere il colore e le sfumature del vino. Il secondo momento della degustazione consiste nell’analisi olfattiva, che consente di valutare i tre aspetti sostanziali di un vino: aroma, odore e profumo. Il terzo momento, quello che coinvolge il senso del gusto, consiste nell’assaggio vero e proprio. A questo punto il somellier, non importa se dilettante o professionista, è in grado di esprimere un giudizio sul vino. E’ luogo comune abbinare il vino ad una pietanza: i vini bianchi secchi si sposano bene con tutta la cucina di pesce, dall’antipasto alle pietanze più elaborate. I passiti sono vini da fine pranzo, adatti ad accompagnare il dessert e i formaggi stagionati. I vini spumanti, sono vini adatti nel classico brindisi di fine anno. I vini rosati accettano tutti gli antipasti costituiti da piatti di affettati misti, i formaggi di media stagionatura, le carni bianche, i pesci arrosto o al cartoccio e il vitello arrosto o in umido.
I vini rossi giovani si abbinano praticamente a tutto, dagli antipasti ai secondi di carne o pesce. I vini rossi corposi si abbinano alle pastasciutte con ragù di carne o di selvaggina, carni di maiale, bolliti misti. Vanno aperti qualche ora prima del consumo oppure decantati in caraffa. Vini rossi importanti sono tutti i vinidi grande invecchiamento (Brunello, Barolo, Barbaresco) e accompagnano grandi arrosti di carni rosse, selvaggina. Ideali anche in compagnia di formaggi saporiti e stagionati. Vanno aperti alcune ore prima del consumo e possibilmente decantati in caraffa.
La vita del vino non dipende soltanto dalla qualità del vitigno, dalla corretta lavorazione e dall’annata più o meno fortunata. Può dipendere soprattutto dalla sua conservazione. In altre parole il vino vive più a lungo se lo si tiene in un luogo fresco, a temperatura costante, buio, lontano da vibrazioni e traumi. L’impianto di illuminazione deve essere tenue e la temperatura deve rimanere costante a 14°C. La sistemazione delle bottiglie deve essere sempre orizzontale, in quanto il tappo rimanendo sempre unmido impedisce all’aria di entrare nella bottiglia. In posizione verticale possono essere tenuti i vini che vengono consumati nell’arco di qualche mese o al più un anno dalla vendemmia. Per finire questa mia lunga introduzione, ricordate che in cantina la candela non è soltanto un elemento decorativo, ma anche lo strumento per controllare la limpidezza del vino nelle bottiglie.

In questa mia trattazione comincerò dalla Sicilia, in onore al mio luogo d’origine.